Proprietà chimico-fisiche dei componenti il terreno
Dei nostri quattro componenti il suolo elencati precedentemente ne abbiamo uno che, per sua natura, non è ancora definibile parte del suolo ma piuttosto un rimasuglio della roccia da cui il suolo è nato: lo scheletro.
Lo scheletro (particella di dimensione maggiore di 2 mm) influisce molto poco a livello di caratteristiche del suolo, essendo di fatto roccia non alterata a sufficienza; la sua influenza è rilevante solo quando il suolo ne è troppo ricco.
Lo troviamo in zone pietrose o ghiaiose, con ampi spazi vuoti tra un sasso e l’altro; le sue caratteristiche saranno quindi:
- eccessiva dilavabilità e permeabilità all’acqua;
- scarsa ritenuta idrica;
- scarsa adattabilità agli apparati radicali delle piante.
Nella foto seguente vediamo chiaramente com’è un’area con eccesso di materiale roccioso di medie e grosse dimensioni.
La sabbia (particella di dimensione compresa tra i 2 mm ed i 0,020 mm) è un elemento costituente in modo chiaro il suolo. Le sue caratteristiche, per le dimensioni ancora relativamente elevate, lo rendono estremamente simile allo scheletro; tuttavia, le sue dimensioni più limitate rispetto a quello favoriscono l’insediamento degli apparati vegetali che riescono a muoversi molto bene in un fondo sabbioso. Pertanto anche un terreno costituito di sola sabbia può essere considerato un suolo, seppur con notevoli vincoli nella possibilità di insediamento da parte di vegetali.
I terreni sabbiosi sono tipici delle zone di prima deposizione di detriti fini, quindi è facile rinvenirli all’inizio delle pianure, poco lontane dai piedi dei versanti montani.
Spesso si originano per esondazione di fiumi in zone nelle quali l’acqua mantiene una discreta velocità; in alcuni casi li si trova anche per antiche deposizioni causate dal vento (dune eoliche, alcune sono ancora presenti nella Pianura Padana).
Le caratteristiche apportate dalla sabbia consistono principalmente in:
- ottima permeabilità all’acqua;
- scarsa ritenuta idrica;
- altissima adattabilità all’apparato radicale.
Eccovi un suolo estremamente sabbioso (sopra ci cresce un bosco!)
Il limo (particella di dimensione compresa tra i 0,020 mm ed i 0,002 mm) per sua natura, purtroppo, è una specie di terra di nessuno tra l’argilla e la sabbia.
Dico purtroppo perché non condivide i pregi tipici dell’argilla (anche se inizia a favorire la ritenuta idrica) e, al contempo, non è permeabile come invece è la sabbia.
I suoli estremamente ricchi di limo (limo > 80%) sono forse tra i più difficili da gestire. Soffrono di costipazione ed asfissia quando si bagnano, dato che il loro basso contenuto in argilla non permette la formazione della «struttura» (vedremo in seguito cos’è).
I suoli limosi sono tipici delle pianure in zone di acque lente, dove le acque hanno trasportato e sedimentato queste particelle spesso a seguito di esondazioni.
Quindi, sintetizzando, il limo ha:
- bassa permeabilità all’acqua;
- buona ritenzione idrica;
- bassa permeabilità all’apparato radicale;
- tendenza al compattamento ed all’asfissia;
- assenza di capacità di deformabilità plastica, a differenza delle argille.
L’argilla (particella di dimensione inferiore ai 0,002 mm) è forse la più importante delle particelle del suolo di origine minerale.
Ha una capacità estremamente pregiata chiamata «potere adsorbente» (si, con la «D») che origina la cosiddetta C.S.C. (Capacità di Scambio Cationico), la più importante forma con la quale un elemento minerale riesce a trattenere degli ioni da una soluzione.
Ciò avviene perché le argille sono dei silicati, ossia dei solidi composti prevalentemente da atomi di silicio (Si) e ossigeno (O) il cui «mattone» essenziale è una forma piramidale a quattro facce triangolari identiche (il silicio al centro della piramide e quattro atomi di ossigeno ai vertici della piramide).
Ogni «piramide» può essere legata ad altre originando forme estremamente variabili che vanno dalla singola catena, alle catene doppie (inosilicati), ai «fogli» (fillosilicati, di cui fanno parte tutte le argille) e persino ai fogli multipli (tectosilicati).
Le nostre amate argille sono dei fillosilicati, ossia dei «fogli» composti da queste piramidi legate tra loro per i vertici.
Qui sotto ne avete una rappresentazione vista dall’alto.
Ogni atomo di ossigeno che è legato ad un solo atomo di silicio (ossia, per i fillosilicati, tutti i vertici superiori e tutti i lati) ha una residua carica negativa che gli permette di agire come una calamita nei confronti di ioni di carica positiva che gli sono vicini.
In questo modo le argille riescono ad adsorbire gli ioni di magnesio, potassio, calcio, sodio, ferro… legandosi ad essi in modo più o meno forte ma, in ogni caso, reversibile, generando la cosiddetta C.S.C.
È importante sapere che la C.S.C. funziona, nel caso delle argille, solo nei confronti di ioni di carica positiva. Per tale motivo gli ioni delle forme ossidate dell’azoto – come i nitriti e i nitrati – non possono essere trattenuti dalle argille.
Inoltre questa proprietà genera un continuo equilibrio tra soluzione e argille.
Un’argilla satura di ioni Ca2+, ad esempio, se si trova in una soluzione satura di ioni K+ rilascerà uno ione Ca2+ per 2 ioni K+ che adsorbirà, e viceversa.
Si genera quindi un equilibrio tra soluzione e argille.
In questa tabella avete la C.S.C. delle più comuni argille.
Altra caratteristica di rilevo delle argille è che difficilmente rimangono disperse (cosa invece comune al limo): tendono sempre a formare dei grumi che legano tra loro anche le altre particelle del terreno (quindi limo e sabbia) formando dei macro-aggregati chiamati glomeruli.
Questi aggregati tendono ad assorbire al loro interno l’acqua e a rimanere poco permeabili all’aria; tuttavia, negli spazi tra un glomerulo e l’altro, si formano ampie aree in cui è possibile la presenza di aria.
Questa capacità unica delle argille crea una delle caratteristiche fisiche di maggior pregio nel terreno: la struttura.
Proprio per questa tendenza a creare spazi vuoti, un terreno con un buon contenuto di argilla risulta più leggero di un terreno che ne è assente.
Ovviamente, nei casi estremi di suoli con presenza quasi esclusiva di argilla, si ottiene un terreno estremamente compatto e difficilmente idratabile nonché estremamente duro da lavorare, al contrario dei terreni sabbiosi.
Un contenuto del 20% di argilla in un terreno è più che idoneo a garantirne una buona coltivabilità e capacità di ritenzione della fertilità minerale, essendo la frazione di tipo minerale più reattiva del suolo.
Quindi, riepilogando, le caratteristiche chimico fisiche dell’argilla sono:
- bassissima permeabilità all’acqua;
- altissima ritenzione idrica;
- bassissima permeabilità all’apparato radicale;
- tendenza alla formazione di glomeruli (se sono presenti buoni contenuti di sabbia e limo);
- formazione della C.S.C.;
- riduzione della dilavabilità degli ioni di carica positiva;
- possibilità di compattamento ed elevate doti di deformabilità plastica;
- tendenza al ritiro e spacco in caso di siccità intensa.