Cabomba furcata
È quasi una leggenda, tra gli acquariofili.
Tra le Cabomba comunemente reperibili, nei negozi di acquaristica, è senz’altro quella di più difficile coltivazione.
In molti negozi è chiamata ancora con la vecchia denominazione: “Cabomba piauhyensis“.
Abbiamo già visto che le varietà rosse sono quasi impossibili da far sopravvivere in acquario, ed è per questo motivo che non vengono nemmeno proposte dalle aziende.
La furcata, invece, si trova con maggiore facilità.
Con un po’ di impegno, pazienza ed esperienza, è possibile ottenere risultati di grande soddisfazione.
Le foglie sono da 3-4 cm di diametro, ma presentano quasi lo stesso numero di segmenti dell’aquatica.
Hanno infatti una maggiore suddivisione delle ramificazioni principali, che possono arrivare fino a 7 (eptamerose).
Inoltre, a differenza delle “cugine”, presenta spesso 3 foglie sullo stesso nodo, anziché 2.
I segmenti possono assumere colorazioni diverse, non solo sulla stessa pianta, ma perfino sulla stessa foglia.
Vive in gran parte del bacino amazzonico, in acque acide che possono arrivare fino a pH 5, ma i risultati migliori si ottengono con valori più comuni, intorno a pH 6.5.
La conducibilità non deve essere troppo bassa, meglio non scendere sotto i 400 µS/cm.
Richiede infatti una buona quantità di microelementi, soprattutto ferro.
La Cabomba furcata ha una caratteristica che la distingue, rispetto alle altre Cabomba: la temperatura dell’acqua.
Mentre le altre specie devono stare sotto i 27-28 °C, lei dovrebbe restare sempre al di sopra di tale soglia.
In natura, si è evoluta in lagune di acqua ferma, poco profonde e molto esposte al Sole equatoriale, motivo principale del suo colore rosso.
In quelle acque si sta normalmente a 28-30 °C, con punte di 35°, e scendendo troppo la pianta si… “addormenta”.
Il suo metabolismo rallenta, e diventa difficile assorbire i nutrienti.
Dato che non tutti hanno i discus, è poco comune tenere un acquario a 30 °C costanti, e questo porta la furcata a trovarsi quasi sempre in acque troppo fredde.
Da qui, la necessità di compensare, con una fertilizzazione più abbondante.