I raggi UV e come produrli
I raggi UV
Con la locuzione «raggi UV» si intende quelle lunghezze d’onda della luce più corte di quelle visibili.
La sigla UV sta infatti per «ultra-violetti» ovvero – nello spettro – oltre il violetto.
Uno schema chiarirà sicuramente le idee:
I raggi ultravioletti vengono divisi in tre categorie identificate da una lettera:
- raggi UV-A, con lunghezze d’onda fra 315 e 400 nm.
Compongono il 95% della radiazione UV presente nella luce solare.
Sono percepiti da molti animali (ad esempio, dai rettili) e sono usati nelle lampade di Wood che creano particolari effetti di fluorescenza utili in medicina, nei rilevatori di autenticità di banconote, alle feste…
- Raggi UV-B, con lunghezze d’onda tra 280 e 315 nm.
Sono presenti solo in piccola percentuale nella luce solare a livello del suolo perché vengono filtrati al 95% dalla ozonosfera. Malgrado vengano schermati, in caso di eccessiva esposizione solare sono responsabili dei danni alla pelle.
- Raggi UV-C, con lunghezze d’onda tra i 100 e i 280 nm.
Sono quasi completamente filtrati dagli strati di ossigeno e ozono presenti nell’atmosfera; sono estremamente dannosi per le forme di vita, poiché sono capaci di alterare le molecole di DNA e RNA, fino a distruggerle.
Per i loro effetti su DNA e RNA i raggi UV-C sono ampiamente utilizzati per la disinfezione di acqua, superfici e oggetti da germi, batteri, parassiti e virus.
Vale la pena ribadire che tale pericolosità vale anche nei confronti dell’uomo: osservare, anche brevemente, una lampada UV-C può provocare danni temporanei e permanenti alla vista (cataratta, opacizzazione del cristallino e bruciatura della retina); va inoltre protetta anche la pelle che, se esposta ai raggi UV-C anche per pochi secondi, può sviluppare tumori.
Teniamolo a mente quando maneggiamo l’impianto!
Come produrli
La lampada UV solitamente utilizzata negli impianti emette raggi ultravioletti alla lunghezza d’onda di circa 250-255 nm.
Questa luce non è normalmente visibile; un leggerissimo alone blu è talvolta visibile come produzione luminosa spuria.
Solitamente si tratta di una lampada simile alle CFL o ai tubi fluorescenti: all’interno del tubo è presente una piccola quantità di mercurio che, eccitato dalla corrente elettrica, emette raggi UV-C che possono uscire liberamente dal tubo trasparente di quarzo.
Quarzo, poiché i raggi UV-B e UV-C sono bloccati dal vetro. Come vedremo, questa è una complicazione ma anche un vantaggio.
Noterete che il tubo è completamente trasparente, anziché bianco opaco come nelle CFL.
In queste ultime, infatti, è ricoperto internamente di fosfori che trasformano la luce ultravioletta – invisibile e pericolosa – in luce visibile e del tutto sicura.
Attenzione: esistono in commercio lampade UV-A, dette anche lampade di Wood; o UV-B, solitamente vendute per illuminare terrari per rettili.
Queste lampade non vanno bene per i nostri scopi, poiché non producono i raggi UV della frequenza corretta per avere azione germicida.
Sono comunque facili da identificare, poiché il tubo delle lampade UV-A e UV-B è opaco e non trasparente.
Sono ultimamente disponibili anche dei LED che emettono radiazioni UV-C; tuttavia, strano a dirsi, sono meno efficienti delle lampade a mercurio.