Gli errori e le loro cause
Abbiamo visto, nel capitolo precedente, che indica significa “originaria dell’India”, mentre il termine rotundifolia deriva dalla forma delle foglie.
Cominciamo da qui, concentrandoci sui due aspetti derivanti dai nomi:
- I territori di origine naturale
- L’aspetto delle piante
Zone di origine
La Rotala indica venne individuata, per la prima volta, alle pendici del Karakorum…
…il gruppo montuoso che tutti conoscono per il monte K2. Di fatto, è un prolungamento dell’Himalaya verso Ovest.
Da quelle vette, numerosi fiumi scendono verso sud, formando il bacino idrico del fiume Indo.
Quelle acque furono il luogo di origine, per la nostra Rotala indica, e fino al 1930 non ci furono altri ritrovamenti significativi. Sembrava crescere soltanto lì.
Ma quel territorio fa parte del Pakistan, non dell’India, quindi…
…perché la pianta si chiama indica?
Probabilmente abbiamo già trovato una prima causa di errore.
Proviamo ad aggiungere un dettaglio, che sappiamo già dal capitolo precedente.
L’altra Rotala, la rotundifolia, venne studiata per la prima volta a Calcutta, da Roxburgh ed Hamilton…
E Calcutta sta veramente in India!… Anche se in zona di confine, è la città più famosa del paese.
Secondo questo ragionamento, sembra che la vera “indica” sia la rotundifolia.
L’altra dovrebbe chiamarsi… chessò… “pakistana“, casomai.
Per capire l’equivoco, dobbiamo spostarci indietro nel tempo.
In passato, il Pakistan era territorio indiano; divenne indipendente dopo la Seconda Guerra Mondiale… Ma Willdenow classificò la pianta 150 anni prima.
Del resto ci sarà un motivo, se un fiume che si chiama Indo scorre… in Pakistan!
Ad essere pignoli, la regione di origine della Rotala indica si chiama Kashmir… e a tutt’oggi è ancora contesa tra i due paesi (più la Cina).
La Rotala rotundifolia, invece, venne classificata a Calcutta perché fu Roxburgh a farcela arrivare, in diversi anni di ampliamento del giardino botanico che dirigeva.
In realtà, fino agli anni ’30 del secolo scorso, la pianta si trovava solo sull’isola di Taiwan.
…Ovvero, a circa 6000 km dal Kashmir.
Le due specie erano lontanissime, anche geograficamente.
Pertanto, alla fine del ‘700, la Rotala indica aveva tutto il diritto di chiamarsi così, mentre la rotundifolia non lo aveva affatto.
L’aspetto delle foglie
Se stessimo trattando la Hygrophila corymbosa, la Limnophila sessiliflora o la Ludwigia repens, sarebbe indispensabile spiegare il significato del nome.
Non tutti conoscono il Latino, o addirittura il Greco…
Ma il termine rotundifolia… Accidenti!… se qualcuno provasse a spiegarmelo, lo troverei quasi offensivo.
Raramente una pianta è stata definita in modo così evidente.
Tuttavia, per noi che la osserviamo in acquario, quel nome sembra completamente sbagliato.
Siamo infatti abituati a vederla così:
La domanda nasce spontanea, ad un poveraccio che l’ha appena introdotta in acquario:
– Come accidenti si fa a chiamarla rotundi-folia?… Non c’è una foglia rotonda nemmeno a pagarla!
Questa sì, che potrebbe avere quel nome…
…e invece l’hanno chiamata indica, appoggiandosi alla Geografia.
A quel punto, l’acquariofilo confuso comincia ad avere qualche dubbio:
– Ma no… dài… sicuramente avrò capito male…
Probabilmente la Rotala indica è la prima, perché quell’altra è evidentemente “rotundifolia”…
Non c’è altra spiegazione, è colpa mia che ho scambiato le due piante.
Ed ecco trovata la seconda causa di errore.
L’acquariofilo vede le piante nella forma sommersa; visto l’aspetto che assumono, trova del tutto logico invertire i due nomi.
In realtà, la spiegazione è piuttosto semplice.
Come abbiamo già visto nel capitolo precedente, la vera rotundifolia si chiama così per la sua forma emersa.
Ripropongo l’immagine:
Queste piante, infatti, non sono prettamente acquatiche.
In Natura crescono in prossimità di fiumi e paludi, su terreni costantemente umidi, oppure con la base sommersa per qualche centimetro.
Talvolta, i normali cicli stagionali producono delle ondate di piena. Il livello si alza e le piante si ritrovano sott’acqua fino al successivo deflusso.
Si sono pertanto adattate a sopravvivere, per un periodo limitato, anche completamente sommerse.
È proprio questo adattamento che ci consente di coltivarle in acquario.
Tuttavia, Roxburgh ed Hamilton non avevano questo interesse, quando studiarono la pianta.
Voglio ricordare che anche noi, per coltivarla, siamo costretti ad erogare CO2 artificialmente.
Questa è una dimostrazione evidente della forzatura a cui la sottoponiamo, tenendola in immersione.
Inoltre, nel primo ‘800, era la prima volta che uno scienziato vedeva una Rotala rotundifolia… Come abbiamo già visto, l’avevano addirittura collocata nel genere Ammannia.
Infine, il nome rotundifolia non era ancora stato utilizzato da nessuno.
Willdenow classificò la Rotala indica 15 anni prima, ma preferì buttarsi sulla provenienza geografica.
Non gli venne l’idea di definire la specie secondo la forma delle foglie.
Forse, se lo avesse fatto, ci avrebbe risparmiato qualche problema.
Hamilton avrebbe dovuto scegliere un altro nome… e forse questo articolo si limiterebbe a consigli sulla coltivazione.
Ulteriori cause di errore
Abbiamo visto come la Rotala indica, nel proprio nome, abbia un riferimento al paese di origine.
Tuttavia, su questo aspetto le cose sono un po’ cambiate, dai tempi della classificazione, e non mi riferisco all’indipendenza del Pakistan.
Nel corso del ‘900, queste specie si sono ampiamente diffuse per opera dell’uomo, come piante ornamentali; la propagazione non è stata causata dall’acquariofilia, ma soprattutto dal giardinaggio.
Com’è noto, si tratta di un hobby molto comune, presso i popoli orientali.
L’intervento dell’Uomo ha prodotto risultati inaspettati, addirittura clamorosi, che possiamo capire adeguatamente solo illustrandoli con una carta geografica.
Per farlo, riprenderemo due immagini già viste.
Questa era la diffusione della Rotala indica, fino al 1930:
Voglio sottolineare che la pianta era già conosciuta e classificata da oltre un secolo.
Ci sarà stata senz’altro qualche presenza sporadica, oltre a quei tre puntini rossi, ma nessun ritrovamento degno di essere segnalato.
Ora vedremo la stessa specie… ma a distanza di 80 anni, ovvero nel 2010.
La prima cosa da notare è l’allargamento della mappa, che ci costringe ad una diversa scala…
…e a questo punto, credo proprio che ogni commento sia superfluo.
Ma non è finita!
Proviamo a fare lo stesso giochetto con la Rotala rotundifolia.
Prima di tutto riguardiamo la mappa già vista, con i ritrovamenti al 1930…
…e poi divertiamoci con quella più recente, che anche in questo caso è relativa al 2010:
Direi che anche stavolta non servono commenti… Gli effetti dell’intervento umano, in entrambi i casi, sono evidenti a colpo d’occhio.
Secondo le tesi più accreditate, le due specie si sarebbero quasi estinte nell’ultima Era Glaciale, circa 12’000 anni fa. In seguito sarebbero rimaste solo presso Taiwan e Karakorum.
In altre parole, si sono diffuse molto più negli ultimi 100 anni… che nei 120 secoli precedenti.
Questa è un’altra possibile causa di confusione.
La Rotala rotundifolia è infatti conosciuta, tra gli acquariofili, fin dagli anni ’50, mentre la Rotala indica è apparsa nel nostro hobby a partire dal 2007, con il suo vero nome.
In precedenza, era stata etichettata con diversi nomi, il più noto dei quali fu Ammannia sp. “Bonsai”.
Questo qui sotto, ad esempio, è un vecchio articolo dell’epoca, dove appare un errore ancora piuttosto diffuso: il nome Ammania con una sola “n”.
Era proprio come Ammannia “Bonsai” che quasi sempre si trovava nei negozi, fino al 2008-2009.
Per questo motivo, non troverete nessuna trattazione sulla Rotala indica, prima di allora; se la trovate, si riferisce alla rotundifolia, o forse si tratta di un testo corretto successivamente.
Ovviamente, ci stiamo limitando al settore dell’acquariofilia.
Nel giardinaggio, la indica era conosciuta da parecchi decenni… ma lì si coltiva in forma emersa!
Abbiamo già visto come le piante siano somiglianti, praticamente uguali, se tenute fuori dall’acqua… quindi tutto si incastra alla perfezione.
È possibile che qualcuno, tra i primi articolisti, abbia cercato informazioni sulla pianta e le abbia trovate nel mondo del giardinaggio.
Questo spiegherebbe parecchi altri errori, sulla velocita di crescita, sul colore, perfino sulle dimensioni che le due piante raggiungono.
Ci sarebbe anche un’ultima ciliegina sulla torta.
A partire dagli anni ’70, sono state commercializzate alcune varianti, sia naturali che cultivar, a cui è stata attribuita la dicitura sp., come se non avessero ancora una classificazione scientifica.
Gli esempi più noti sono Rotala sp. “Ceylon”, Rotala sp. “Pink” e Rotala sp. “Colorata”.
Oggi sappiamo che rientrano tutte in un’unica specie: la Rotala rotundifolia.
Tuttavia ognuna di esse è stata spesso chiamata indica. Una sorta di nome-jolly, buono per tutte le stagioni.
In sostanza, si è creata una incredibile combinazione di circostanze, tutte orientate verso lo stesso obiettivo… confonderci le idee!
Lo scopo è stato pienamente raggiunto, purtroppo.
Oggi, basta usare Google, per rendersene conto.
Cercando rotala indica aquarium, troviamo pagine come questa:
Perfino per lui, il più famoso dei motori di ricerca, si tratta di sinonimi.
Ora che sappiamo il perché, non dobbiamo più stupircene.