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Caratteristiche generali

La discussa classificazione

Consiglio di non saltare questo paragrafo.
Vi sarà utilissimo per comprendere le innumerevoli inesattezze che si leggono in giro, i motivi per cui la stessa pianta viene chiamata con nomi diversi, o per cui piante apparentemente diverse vengono chiamate con lo stesso nome.

Tutto inizia nel 1881, con questo personaggio:

Marc Micheli
Marc Micheli

Marc Micheli, un botanico svizzero molto attivo in Paraguay, scrisse in quell’anno la prima classificazione del genere Echinodorus, con le prime 4 specie conosciute all’epoca.
Erano il grandiflorus, il macrophyllus, il paniculatus e il martii.

Poi ci furono alcune aggiunte, ad opera di altri scienziati.
Nel 1903, Franz Buchenau le portò a 9…
Nel 1953, con Norman Fassett, arrivarono a 19…
Per parecchi anni, tutte le altre specie vennero considerate varietà naturali di queste.

Col passare del tempo, la cosa divenne complicata. Nuovi Echinodorus venivano scoperti, in luoghi lontanissimi e con aspetto troppo diverso tra loro, per rientrare in quella classificazione di base.
Così, nel 1975, una revisione completa venne proposta da Karel Rataj, cecoslovacco (all’epoca si diceva così).
Le specie elencate erano 47…!!!
A tutti sembrò un esagerazione…

Rataj sembrò subito un po’ troppo disinvolto, nel definire “nuove specie” quelle che a tutti sembravano semplici varianti naturali (oggi si chiamano “ecotipi”).
In seguito, a partire dal 1986, Robert Haynes (Alabama) e Lauritz Holm-Nielsen (Danimarca), lavorarono insieme per produrre una nuova revisione, pubblicata nel 1994.

Nella nuova classificazione, parecchie delle specie di Rataj venivano accorpate.
I due ricercatori ribadirono che la stessa pianta può cambiare il proprio colore e il proprio aspetto, in base alle caratteristiche dell’ambiente in cui vive.
Questo vale soprattutto per le specie molto adattabili (come la maggior parte degli Echinodorus), ma non ci autorizza a considerarle piante diverse.

Venne anche criticata una certa superficialità di Rataj, che non avrebbe nemmeno tenuto conto delle ovvie differenze tra forma emersa e forma sommersa.
Le specie riconosciute si ridussero così a 28.

Negli anni successivi, Rataj reagì lavorando ad un’ulteriore nuova classificazione, pubblicata nel 2004, in cui propose addirittura 62 specie distinte… Potete immaginare le reazioni del Mondo Accademico.
Quello che sappiamo, a tutt’oggi, è che le varietà totali di Echinodorus sono 169, ma nessuno sa esattamente come accorparle.

In realtà, non siamo più nemmeno sicuri della loro appartenenza al genere…
Vogliamo farci del male? Ok…

Per sbrogliare la matassa, l’Università finlandese di Turku ha provato, nel 2007, ad esaminarne il DNA di alcune specie… Sorpresa!
I primi risultati hanno rivelato che tre piante distinte, il tenellus, il quadricostatus e il bolivianus, non solo appartengono alla stessa specie, ma soprattutto non sono Echinodorus!

Echinodorus quadricostatus bolivianus tenellus Helanthium
Echinodorus quadricostatus, bolivianus e tenellus

Appartengono infatti al genere Helanthium; il nuovo nome scientifico è Helanthium bolivianum, tranne le più comuni varietà del tenellus, che oggi si chiamano Helantium tenellum.

Purtroppo, o per fortuna, l’acquariofilia si evolve molto più lentamente della Botanica.
Ci vorranno decenni prima che le piante dei nostri acquari vengano vendute con i nomi corretti.

Nel resto dell’articolo, quindi, continueremo a definirle secondo la classificazione di Rataj del ’75, non perché sia quella giusta (tutt’altro!), ma solo perché è così che le troviamo più frequentemente, nei negozi di acquaristica.

Quello che conta è che sappiate cosa aspettarvi, quando cercherete informazioni e foto sul web.
Non stupitevi se cercando il bleheri, vi esce fuori il grisebachii

Diffusione in Natura

La famiglia delle Alismatacee conta 11 generi di piante.
Soltanto due di questi sono utilizzati in acquariofilia; Echinodorus e Sagittaria.
Dopo le recenti scoperte, abbiamo visto che ci sarebbe anche l’Helanthium, ma abbiamo anche detto di limitarci alle etichette sui cartellini, quindi lasciamo stare…

La diversa distribuzione geografica, tra i due generi, è piuttosto interessante.
Le Sagittaria si trovano in parecchi territori dell’Africa, dell’Asia e delle Americhe, ma solo nella fascia tropicale.
Gli Echinodorus, invece, si limitano al solo continente americano, ma percorrendolo tutto dal Canada all’Argentina.

Echinodorus diffusione
Echinodorus – Diffusione in Natura

Salvo casi particolari, non vivono sommersi come li teniamo noi. Seguono dei cicli stagionali basati sull’intensità delle precipitazioni.

In Natura, li troviamo in prossimità di fiumi e paludi, spesso in pochi cm di profondità o addirittura all’asciutto.
Dopo una pioggia abbondate, il livello può salire fino a sommergerli completamente.

Per diverse settimane, talvolta mesi, gli Echinodorus restano sott’acqua in una specie di letargo, causato dalla carenza di carbonio che prima avevano dalla CO2 atmosferica.
Poi l’acqua defluisce, la pianta affiora e riprende a crescere a buon ritmo.
In questa fase produce i suoi frutti, spinosi e profumati (Echino-odorus = Riccio-odoroso).

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Frutti di un Echinodorus

Crescita, fondo ed immissione di CO2

Per i motivi appena descritti, c’è poca chiarezza sulla velocità di crescita degli Echinodorus. Potrete trovare fonti diverse che vi danno indicazioni opposte.
Anche i consigli sulla luce possono essere differenti, così come sull’esigenza di anidride carbonica.
Non si tratta di errori, ma di semplici differenze legate alle condizioni di coltivazione.

La maggior parte delle specie può vivere tranquillamente con poca luce; in questo caso, la somministrazione aggiuntiva di CO2 risulta superflua.
La pianta avrà una crescita molto lenta e come tale vi verrà descritta.

Sotto luce forte, invece, sarete costretti a fornire CO2 artificialmente; il vostro Echinodorus si svilupperà in modo decisamente rapido.
In altre parole, quella CO2 artificiale lo porta a comportarsi come se stesse fuori dall’acqua.

Nel secondo caso, i nutrienti verranno consumati più in fretta; è quindi possibile che si presentino delle carenze: ingiallimento, margini rovinati, buchi sulle foglie, ecc.
Se avete scelto un fondo tradizionale, con uno strato di terriccio ricoperto da ghiaietto, questi problemi non si risolvono con la fertilizzazione in colonna; bisogna intervenire direttamente nel terreno, con appositi prodotti solidi da interrare.

Gli Echinodorus hanno infatti il più imponente apparato radicale di qualsiasi altra pianta d’acquario; è dal fondo che assorbono i nutrienti per la loro crescita, cosa del tutto normale per una pianta che si sviluppa quando emerge.

L’adozione di un fondo drenante, poroso e granuloso, può essere un’ottima soluzione.
Tali materiali hanno una virtù che li rende particolarmente adatti alla coltivazione degli Echinodorus: mettono i nutrienti presenti nell’acqua a disposizione delle radici, e lo fanno immediatamente.

Sviluppo delle dimensioni

Tranne alcune specie, gli Echinodorus sono piante davvero imponenti.
Alcuni possono superare il mezzo metro di diametro, altri richiedono addirittura vasche aperte.
Non pensate di poter risolvere il problema con la semplice potatura, perché solo allle loro dimensioni naturali appaiono in tutta la loro splendida maestosità.

Tenere un grisebachii costantemente potato, perché costretto in un acquario da 50 litri, è come usare un camion da 8 metri per andare al supermercato.

Echinodorus in acquario da 350 litri
Echinodorus in acquario da 350 litri

Per chi non dispone di uno spazio adeguato, il consiglio è di informarsi molto bene prima dell’acquisto delle piante.
Quando siete in negozio, nessuno vi dice come diventerà, quella simpatica, innocente piantina che avete di fronte.
Tornerete a casa, la metterete in vasca, e dopo un paio di mesi vi troverete con un gigante ingestibile, che sarete costretti a rimuovere.

Aggiornamento del 10 Febbraio 2014: riporto le parole di Filippo881, un utente del forum che voglio ringraziare per il suo contributo.

“Era il Re dell’acquario, ma non ho potuto tenerlo, per quella pianta serve un acquario come minimo doppio del mio.”

Quella frase si riferisce ad un Echinodorus grisebachii (o bleheri, o amazonicus…), che potete vedere nel suo acquario da 200 litri:

Echinodorus in 200 litri

Ricordate cosa dicevamo sull’apparato radicale?…
Anche su questo Filippo ci fornisce la sua esperienza:

“…dove trovava posto l’amazonicus si era formato un blocco di 30x30x8 cm di Manado, praticamente indistruttibile, tenuto insieme dalle fortissime radici dell’Echinodorus.”

Provate a pentirvi adesso, dopo qualche mese di crescita… e tentate di rimuoverla…
Buon lavoro!

Allelopatia

Gli Echinodorus non dovrebbero stare con altre piante a stolone, in particolare Cryptocoryne e Vallisneria.
Anche se non ce ne rendiamo conto, sotto terra le radici percorrono notevoli distanze, fino ad occupare tutto l’acquario.
Quando incontrano quelle di una pianta antagonista, si scatena una guerra invisibile nel terreno, che porta inevitabilmente al deperimento di entrambe le specie.

Solitamente, gli Echinodorus riescono a spuntarla sulle Cryptocoryne e faticano un po’ di più con le Vallisneria.
L’immagine qui sotto mostra la radice di una Cryptocoryne wendtii, annerita e marcescente dopo lo scontro con un Echinodorus bleheri, nell’acquario di MicMenca (che ringrazio per la foto).

Allelopatia tra Cryptocoryne e Echinodorus
Al momento, non risultano problemi con le Sagittaria e con le piante da prato.
Per quanto ne sappiamo, neanche le piante a stelo sembrano interessate dal fenomeno, nemmeno quando hanno un significativo apparato radicale. Esistono dei sospetti solo sulle Hygrophila, in particolare sulla corymbosa, ma non abbiamo ancora sufficienti conferme per dirlo ufficialmente.
(Questo paragrafo potrebbe subire degli aggiornamenti.)

La prima parte, quella generica, si esaurisce qui.
È il momento di passare alle caratteristiche specifiche, con gli accorpamenti conosciuti alla data di questo articolo.

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