L’acquario dei ramirezi
Le dimensioni della vasca
La capienza non è importantissima, per questa specie; sembra anzi la scelta ideale per piccoli acquari, dell’ordine dei 50-60 litri.
Generalmente si consiglia di arrivare fino a 80-100 litri, ma non per le loro esigenze.
È un’indicazione che riguarda soprattutto il banco di Caracidi, che quasi sempre gli viene abbinato.
Il ramirezi, infatti, è un pesce piuttosto piccolo.
In Natura raggiunge al massimo i 6 cm di lunghezza, compresa la coda, senza distinzione tra maschio e femmina.
In questa specie, infatti, il dimorfismo sessuale è tutto in una zona rossastra sul ventre della femmina, chiamata “macchia gravidica“.
Ne vediamo un esempio in questa immagine…
…dove la femmina è chiaramente quella in basso.
Tra gli esemplari selezionati possiamo trovarne alcuni fino a 9 cm, ma di queste aberrazioni parleremo più avanti, in un altro capitolo.
Oltre al modesto carico organico, non è un pesce dal nuoto frenetico; le sue esigenze di spazio sono scarse anche in quello.
Aggiungiamo che non va tenuto in banchi, perché diventa territoriale durante la riproduzione.
Raggiunta l’età adulta mostra sempre un certo nervosismo, trovandosi in presenza di esemplari dello stesso sesso.
Prima della maturità sessuale, ovvero fino a 4 cm di lunghezza, il ramirezi si comporta da pesce gregario; solo in quei primi mesi va tenuto in gruppo.
In seguito, raggiunta l’età adulta, si consiglia di tenerne una sola coppia.
Tutto questo spiega chiaramente le sue scarse esigenze, sulla capienza dell’acquario.
Il suo contenuto, invece, è decisamente più importante… Vediamolo.
L’allestimento
È preferibile che il fondo abbia una granulometria piuttosto fine, con almeno una zona di sola sabbia, perché i ramirezi hanno l’abitudine di cercare particelle di cibo nel terreno.
La sabbia viene aspirata, filtrata, infine espulsa dalle branchie; è da questo che deriva il nome Geophagus (=mangia-terra), e di conseguenza Mikrogeophagus.
La mancanza di un fondo adatto ci impedirebbe di osservare tale comportamento, decisamente curioso e naturale.
A mio avviso, la combinazione migliore si ottiene mettendo Akadama nello spazio da piantumare; poi completare con una zona di sabbia, da lasciare per il nuoto libero.
L’Akadama sarà utile anche per ridurre il KH; abbiamo già visto quanto questo sia importante.
Piante, legni e radici, devono produrre un buon numero di anfratti e nascondigli, soprattutto se in acquario sono presenti altri pesci.
A differenza degli altri Ciclidi nani, il ramirezi ignora completamente il classico guscio di cocco, che spesso viene introdotto come tana per le riproduzioni.
Può comunque tornare utile se avete aggiunto anche degli Otocinclus, che spesso vengono consigliati come abbinamento.
Un ultimo consiglio.
Non fate bollire i legni troppo a lungo, e conservate l’acqua della bollitura.
Il rilascio di tannini darà all’acquario una colorazione ambrata, dall’aspetto decisamente naturale; inoltre, ci sarà un effetto acidificante, molto positivo, di cui abbiamo già parlato nel capitolo precedente.
L’acqua in cui li avete bolliti può tornare utile per lo stesso scopo.
Sarà diventata molto scura, quasi nera; dosandola con una siringa potrete ottenere il livello di colore che più vi piace.
Le piante
Se volessimo copiare la Natura, questo paragrafo non dovrebbe nemmeno esistere.
In quegli habitat, intorno al Rio Meta, le piante non ci sono… Ma perché?
Il problema è legato all’acidità estrema: un pH inferiore a 5.5 rende impossibile l’assimilazione del fosforo, il macronutriente più importante; ma come abbiamo già detto, in quegli stagni non si va quasi mai sopra tale valore.
Inoltre, le durezze vicino a zero ci fanno capire che non mancano solo i fosfati.
Voglio anche ricordare che poche piante resistono a 28-30 °C, per tutto l’anno.
Solo alcune specie di alghe riescono a proliferare in quell’inferno. Pertanto, il vero acquario naturale andrebbe allestito con sole BBA, come nell’esempio qui sotto.
Tuttavia, dato che in acquario ci si accontenta di valori più “umani”, è possibile realizzare una composizione più tradizionale.
Esistono alcune specie che reggono bene la temperatura, oltre ad apprezzare pH piuttosto acidi.
Oltre alla solita Cabomba furcata, tipica pianta da 30 °C, l’acquario dei ramirezi può essere arricchito con Mayaca fluviatilis, Utricularia gibba, Ludwigia inclinata e Bacopa australis.
Segnalo anche la Tonina Fluviatilis, molto presente in tutto il bacino dell’Orinoco.
Sono molto indicate anche le piante galleggianti, come Limnobium laevigatum e Pistia stratiotes, oppure Eichornia crassipes per chi ha un acquario aperto.
Tra le specie da evitare, la prima è senz’altro il Ceratophyllum demersum, sia per il pH acido, sia per la temperatura alta.
Anche il Myriophyllum aquaticum e l’Alternanthera reineckii sono sconsigliate; è noto che non tollerano il caldo per periodi prolungati.
Come mia abitudine, mi sono limitato alle specie più comunemente reperibili.
Gli altri pesci
Innanzitutto, gli abbinamenti di cui parleremo non riguardano l’acquario da riproduzione.
In quel caso, i ramirezi vanno tenuti da soli, perché qualunque pesce può predare le uova o gli avannotti.
Sulla fase riproduttiva, c’è un capitolo più avanti.
Se l’acquario ha dimensioni sufficienti, l’abbinamento più consigliato è con un banco di piccoli Caracidi.
Le specie più gettonate sono Pristella maxillaris, Hemigrammus rhodostomus ed i soliti Cardinali (Paracheirodon axelrodi).
Queste tre specie, oltre a essere facilmente reperibili nei negozi, vivono spesso con i ramirezi nei luoghi d’origine.
Gli Otocinclus, invece, sono i più indicati tra i pesci da fondo.
Sconsiglio la convivenza con i Corydoras, per l’inevitabile competizione alimentare che si avrebbe sulle zone sabbiose.
Infine, va assolutamente evitata la convivenza con altri Ciclidi, di qualunque dimensione, oltre che di qualsiasi altra specie dal temperamento aggressivo.
Qualcuno potrebbe dirvi che li ha tenuti insieme agli P. scalare, in acquari piuttosto grandi e con parecchi nascondigli, ma ci sono altre esperienze che ci consigliano di non provarci.