I Wabi-kusa sono un piccolo pezzo di natura, un acquario senza acqua, una micro-composizione, una forma d’arte naturale… potrei usare tante altre definizioni.
È sufficiente guardarli – restando senza fiato – per capire che ogni definizione non rende loro giustizia.
Il termine Wabi-kusa (erba esteticamente bella) è stato coniato da Takashi Amano (1954-2015) portando l’aquascaping dalla forma sommersa alla forma semi-emersa ed emersa, secondo alcuni prendendo spunto dall’antica arte giapponese del kadö e del Saikei.
Volendo descriverli sommariamente, i Wabi-kusa sono delle palline di «terra» ricoperte di piantine coltivate generalmente in una boccia di vetro o su un piatto fondo, in forma emersa o semi-emersa.
Qualcuno chiederà: «Ma che c’entrano con gli acquari?»
L’aquascape ha preso spunto dagli allestimenti con i bonsai; e i Wabi-kusa sono l’anello di congiunzione tra i primi e i secondi.
Molti li definiscono microacquari senz’acqua, perché vengono utilizzate piante acquatiche.