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Talvolta, nonostante il tempo e i soldi spesi per curarli, ci si trova di fronte all’incurabile agonia dei nostri animali; in questo caso l’unica soluzione praticabile è l’eutanasia.


C’è chi l’ha dovuto fare per il proprio gatto, chi per il proprio cane; chi ancora per il proprio pesce.
Qualunque sia stato l’animale, dopo la soppressione resta sempre un gran sentimento di tristezza.

La parola «eutanasia» deriva dal greco e significa «dolce morte»; è una morte priva di dolore, paura e stress per l’animale.
Qualunque sia la metodologia usata, l’obiettivo è quello di dare all’animale una morte il più possibile rapida e indolore.
Negli animali più sviluppati, è usanza comune sedare preventivamente l’animale per ridurre ogni sensibilità dell’animale stesso.

pesce rosso morente

È importante saper riconoscere alcuni stadi che precedono la perdita di coscienza e quindi la morte.
A tal proposito, è stato redatto per la Commissione Europea un documento nel quale, oltre a tante altre raccomandazioni sull’eutanasia in generale, vengono specificati i 6 livelli che il pesce attraversa, più o meno velocemente, quando è sottoposto alla soppressione.
Questi livelli prendono in esame i movimenti del pesce, la risposta agli stimoli esterni, l’equilibrio e la respirazione opercolare.

Al livello 0 ci sono tutti quei pesci in salute, reattivi e con un grado di equilibrio e tono muscolare normale.
A mano a mano che si scende verso il sesto livello, tali parametri variano: al livello 6 non ci sono più movimenti dell’opercolo respiratorio, nessun movimento, nessuna risposta a stimoli esterni o pressori e l’arresto vero e proprio del sistema cardiocircolatorio.

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