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Il principio di funzionamento

Senza addentrarci troppo sui tecnicismi, queste lampade funzionano grazie all’eccitazione di vapori di mercurio, sottoposti al passaggio di corrente.
Si ottiene un’emissione di raggi ultravioletti, che colpiscono una miscela di alofosfati posizionati sul vetro esterno, comunemente chiamati “fosfori“.
Questi, così stimolati, emettono una fluorescenza nella gamma della luce visibile.

Lampada fluorescente accesa
(Licenza Creative Commons)

I vapori vengono prodotti in una frazione di secondo, da una scarica iniziale che fa evaporare una piccolissima quantità di mercurio.
In questa fase, di brevissima durata, la tensione applicata supera abbondantemente i 1000 V.

In seguito, l’erogazione di corrente tende a stabilizzarsi su valori molto bassi, specialmente dopo che il gas ha raggiunto la temperatura di esercizio.
Da qui, nasce tutto il discorso sul risparmio energetico, che a partire da una quindicina d’anni fa, ha portato alla scomparsa delle vecchie lampade ad incandescenza (peraltro, mai usate in acquaristica).

Attenzione: molti rimangono confusi, leggendo che una fluorescente da 20 W illumina come se fosse da 100.
Questo confronto riguarda proprio quelle vecchie lampadine; l’indicazione è sopratutto per gente di una certa età, che ha passato quasi tutta la vita con il buon vecchio filamento di tungsteno.
A noi non interessa, proprio perché negli acquari non è mai stato usato quel tipo di lampada.

Pertanto, dobbiamo fare i conti con la potenza nominale.
Se c’è scritto 20 W, sono 20 W, non… “Ma qui dice che vale come una da 100!…“.

Torniamo a noi…
La fluorescente non può essere applicata direttamente alla tensione di rete.
Occorrerà un alimentatore dedicato, proprio per seguire la diversa richiesta di corrente nelle varie fasi di accensione.
Questo dispositivo, oggi elettronico, si chiama comunemente “ballast“. Scalda poco, costa poco ed è molto leggero.
Anni fa si usavano reattori elettromagnetici, ben più pesanti, più costosi da produrre e meno efficienti.

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