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Prima parte: concetti generali

Classificazione e curiosità

Per i maniaci della Tassonomia, diciamo subito che queste piante appartengono alla famiglia delle Acanthacee, così ci togliamo subito il pensiero.
Le Hygrophila attualmente classificate sono oltre 120, di cui 45 palustri. Nessuna è prettamente acquatica.
Anche il nome ce lo dice, se non facciamo confusione nell’interpretarlo.

Hydro-” e “hygro-” sono radici derivate dal greco con significati diversi.
Hydro– significa “acqua”, mentre hygro– significa “umido”.

L’Hygrophila è pertanto “amante dell’umido“, non “dell’acqua”.
Solo nei nostri acquari vivono perennemente sommerse; in Natura proliferano in acque molto basse, dove raggiungono in fretta la superficie ed emergono in cespugli rigogliosi.

Hygrophila in natura
Questo significa che l’erogazione di CO2 è piuttosto importante per loro. Sono adattate a prenderla dall’atmosfera, in quantità molto alta rispetto all’acqua.
Anche quando riescono a sopravvivere senza aiuti artificiali, non sono così rigogliose come ci si aspetterebbe da loro.
In particolare, la velocità di crescita è decisamente ridotta.

La storia della loro classificazione è abbastanza curiosa.
Quelle che di solito teniamo in acquario sono originarie dell’Asia tropicale, in particolare dai paesi che circondano il Golfo del Bengala.

Diffusione Hygrophila in natura
Tuttavia, le prime specie furono scoperte in Australia da Robert Brown, nel 1810.
16 anni dopo, il grande Carl Blume, uno dei “padri” della Limnophila, scoprì una pianta sconosciuta in Thailandia.
All’epoca, quel territorio si chiamava “Siam” da circa 40 anni, così chiamò la nuova specie “Nomaphila siamensis“.

Per chi avesse dubbi, sull’assorbimento di nutrienti da parte di queste piante, è bene spiegare la scelta di Blume.
La radice “noma-” ha un significato piuttosto interessante: letteralmente vuol dire “divorare” o “divoratrice“.
Si trattava di quella che oggi conosciamo come Hygrophila corymbosa.

Dopo quasi 70 anni, nel 1895, Gustav Lindau si accorse che la pianta apparteneva allo stesso genere di quelle scoperte da Brown.
Non solo… nel frattempo erano state scoperte altre piante, dall’India alla Nuova Guinea, che avevano le stesse caratteristiche di genere.
La pianta di Blume venne così classificata con il nome che utilizziamo oggi.
La cosa divertente è che… in alcuni negozi la trovate ancora come “Nomaphila“, dopo più di 100 anni!

L’ambiente di origine e i valori dell’acqua

Gli habitat naturali di queste piante presentano condizioni estremamente variabili.
Il clima monsonico produce repentine alterazioni della durezza e dell’acidità dell’acqua. Vediamo di capire il perché.

Alcune zone del Sud-Est asiatico sono le più irrigate di tutto il pianeta.
Tanto per fare un esempio, la più grande foce a delta del Mondo è il Bengala, dove due dei più grandi fiumi dell’Asia (Gange e Brahmaputra) si uniscono a formare una immensa zona acquitrinosa, di dimensioni paragonabili all’intera penisola italiana.
L’Asia tropicale è piena di zone simili.
Certe inondazioni, che da noi finirebbero sui telegiornali, per quei popoli sono normalissime.

Piogge monsoniche
Allagamento da piogge monsoniche

Quando non piove, il Sole picchia fortissimo in quelle paludi, che sono anche caratterizzate da una superficie molto ampia rispetto alla profondità.
Questo produce una rapida evaporazione, che fa aumentare la concentrazione di sali fino a livelli decisamente alti.
Il pH arriva addirittura su valori alcalini, nonostante la gran quantità di acidificanti presenti.

In alcuni periodi dell’anno, certe zone diventano addirittura desertiche.

Deserto monsonico
Deserto monsonico

Ad un certo punto, il cielo diventa plumbeo, e si scatena un nubifragio di intensità sconosciuta per noi europei.
In pochi minuti, quella valanga di acqua piovana inonda intere pianure, moltiplicando la profondità delle paludi ed abbassando in modo repentino la durezza di quelle acque.

L’acidità può precipitare fin sotto pH 4, nello spazio di mezz’ora; la temperatura può scendere di oltre 10 gradi.
Poi torna il Sole e si ricomincia da capo.

Questi sono i luoghi dove le Hygrophila si sono evolute, farebbe quindi un po’ sorridere se ci mettessimo a parlare di valori ottimali dell’acqua.
In questo caso non ci sono pH, durezze e temperature da consigliare. Basta evitare valori estremi, dove nessuna pianta riesce a vivere, anche se le Hygrophila riuscirebbero a resistere anche in un acquario Malawi, per un periodo limitato.

Il fondo

L’apparato radicale è davvero notevole, come non ci si aspetta da piante a stelo.
Tra l’altro, la crescita delle radici è veloce come quella della pianta: bastano poche settimane per non riuscire più ad estrarla, a meno di non tirare su mezzo acquario.
Sono piante alla continua ricerca di nutrienti, utilissime per assorbire inquinanti.

Possono essere collocate su qualsiasi fondo, compresa la sabbia, ma col terriccio fertile la loro crescita è davvero esplosiva.
Il matrimonio perfetto si ha con materiali drenanti, quali Akadama o lapillo lavico.
In questi casi, le radici assorbono i nutrienti direttamente dall’acqua, che filtra attraverso il terreno.

La fase di maturazione, ad acquario nuovo, può diventare un problema. Senza pesci in vasca, le Hygrophila risentono di carenze che non possono essere risolte con la normale fertilizzazione.
Potrebbe essere necessario fornire nitrati e fosfati artificialmente, come negli acquari olandesi.
Sarebbe preferibile introdurle pochi giorni prima dei pesci.

Infestazioni

Nei luoghi d’origine, le Hygrophila non sono affatto piante decorative.
Per gli agricoltori sono considerate erbacce infestanti, per una serie di motivi:

  • Il loro facile adattamento a parecchie condizioni differenti.
  • La loro velocità di crescita e di riproduzione.
  • L’assorbimento di nutrienti, a danno delle coltivazioni alimentari.
  • La totale inutilità in qualunque applicazione pratica (alimentare, farmaceutico, tessile, ecc…)

Tra l’altro, nemmeno la diffusione in acquariofilia ha portato benefici alle popolazioni locali, perché si tratta di piante facilmente riproducibili dappertutto; non avrebbe senso portarle qui dal Bangladesh, quando ne basta uno stelo per averne una foresta in poco tempo, in qualunque acquario.

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A questo proposito, concludo la prima parte con una raccomandazione: non gettate mai una potatura di Hygrophila in un ambiente umido.
Qualcuno lo ha fatto, provocando dei veri disastri ecologici.
Capitò in Australia negli anni ’50, con la difformis, e ancora oggi le autorità faticano a controllarla.
In Florida, negli anni ’80, qualcuno ebbe la bella idea di lasciare della polysperma in una palude. Dopo 30 anni non riescono a fermarla nemmeno con gli elicotteri.

Hygrophila polysperma infestante
In realtà, non si dovrebbe fare con nessuna specie; ma alcune, come le Hygrophila, sono particolarmente invasive.
È bene ricordarlo.

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