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Ma perchè vengono le alghe verdi filamentose (Oedogonium capillare)? Come faccio a eliminarle? In questo articolo ve lo spieghiamo per bene…


Quello delle alghe verdi filamentose è forse l’argomento più discusso in acquariofilia.
Già… proprio loro… quelle stesse alghe che deriverebbero, secondo alcune fonti, da un’ottima qualità dell’acqua…
Talvolta, di fronte ad una totale infestazione, ti viene voglia di rispondergli con una battutaccia:
Che fortuna che ho! La mia acqua dev’essere davvero eccellente…

Alghe verdi filamentose (Oedogonium capillare)
Alghe verdi filamentose (Oedogonium capillare)

Il nome scientifico sarebbe Oedogonium, ma raramente sentirete qualcuno chiamarle così, nel linguaggio abituale.
Di tutte le specie del genere, quella che si manifesta più comunemente in acquario è l’Oedogonium capillare, ma qualunque sua parente presenta caratteristiche simili e va fronteggiata con le stesse armi.

Un grande esperto, non più tra noi, aveva l’abitudine di parlarne così:
Se non hai mai avuto le filamentose, non sei un acquariofilo. Sei solo uno che mette acqua in un recipiente, con la pretesa di chiamarlo acquario!
Sono infatti una tappa fondamentale, una pietra miliare nella nostra esperienza acquaristica, una fase in cui prima o poi bisogna passare.

Quasi tutti hanno la fortuna (???) di averle molto presto, da principianti, nel periodo immediatamente successivo all’allestimento dell’acquario, per motivi che vedremo più avanti.
Come sempre, per poterle combattere bisogna conoscerle un po’, quindi iniziamo con qualche informazione su di loro.

Diffusione in Natura

Il capillare è un’alga nostrana, diffusa qui in Europa e in Nordamerica. Oggi si trova anche in parte dell’Australia, ma sembra che la causa sia proprio l’acquariofilia.
Le nostre piante, generalmente tropicali, nei loro luoghi d’origine hanno a che fare con specie di Oedogonium ben più temibili, nei confonti delle quali hanno sviluppato adeguate difese.

Alghe verdi filamentose
Alghe verdi filamentose

Per questo motivo si tende a considerare le filamentose come “poco preoccupanti” e facilmente debellabili.
Se questo è vero per i più esperti, appare piuttosto discutibile per chi è alle prime armi.

Riproduzione

L’Oedogonium si riproduce in due modi differenti.
Ogni cellula è in grado di generarne altre, che si dispongono allineate come i vagoni di un treno.
Quando formano delle colonie numerosissime, prendono l’aspetto caratteristico di filamenti.

Oedogonium capillare vista al microscopio
Oedogonium capillare vista al microscopio

Talvolta, una cellula genera delle spore.
Queste raggiungono una superficie solida trasportate dall’acqua, vi si insediano, e così nasce una nuova cellula primigenia, attaccata al supporto tramite una microscopica ventosa.
È così che ha inizio una nuova colonia, ovvero un nuovo filamento.

Filamenti di Oedogonium capillare in acquario
Filamenti di Oedogonium capillare in acquario

Entrambe le riproduzioni sono molto veloci. Non si parla di giorni ma di ore.
Ovviamente, i tempi possono essere alterati dalle condizioni biochimiche, più o meno favorevoli al loro sviluppo, ma anche questo lo vedremo più avanti.

L’aspetto

Il nome “filamentose” sembrerebbe già sufficiente, per spiegare come sono fatte.
Tuttavia, il loro aspetto può essere molto diverso a seconda delle condizioni.
Il tono di verde può cambiare in base alla potenza della luce e alla sua temperatura di colore, ma soprattutto è la loro forma a diversificarsi, facendole apparire come se fossero di specie differenti.

In presenza di acque stagnanti, i filamenti crescono in modo irregolare e si aggrovigliano su se stessi, formando dei batuffoli.

Groviglio di Alghe filamentose
Groviglio di Alghe filamentose

In acqua movimentata, invece, anche con una corrente debolissima, le colonie vengono letteralmente “pettinate” dal flusso.
Il verbo non è affatto fuori luogo, visto che spesso vengono paragonate a capelli.

Colonie di filamentose "pettinate" dal flusso d'acqua
Colonie di filamentose “pettinate” dal flusso d’acqua

Troppi nitrati?…

Adesso arriviamo ad una rivelazione, che può produrre reazioni opposte:
Le filamentose non dipendono dai nitrati!
Spesso, una loro alta concentrazione va a braccetto con l’assenza di Oedogonium.
– Molti diranno: “Ma come?… Stai scherzando???”
– Altri, invece: “Oh… finalmente ho capito un sacco di cose…”

Iniziamo subito con un paio di esempi.
Quello che vedete qui sotto è l’acquario di Alessandro, un amico di Roma che ringrazio per le sue foto.

Ludwigia senza alghe filamentose
Ludwigia senza alghe filamentose, nonostante la vicinanza alle luci (foto di Alessandro)

Abbiamo appena visto un’immagine molto ravvicinata, dove l’assenza di filamentose è evidente, nonostante la forte esposizione alla luce.

Bene… sappiate che quell’acquario ha avuto i nitrati oltre 50 mg/litro, per parecchi mesi.
I fosfati non sono mai stati misurati, l’ultimo cambio d’acqua risale ai dinosauri, mentre il fondo non è mai stato sifonato.

Altro esempio?
L’acquario che vedete qui sotto è il mio, come si presentava all’inizio del 2012.

Assenza di filamentose in un acquario con nitrati alti
Assenza di filamentose in un acquario con nitrati alti

A quell’epoca, i nitrati non scendevano mai sotto i 40 mg, probabilmente a causa dei mangimi che usavo.

Vedete qualche filamentosa?
Non sifonavo da quasi un anno, cambiavo l’acqua ogni quattro mesi e sostituivo la lana del filtro solo se si intasava.

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Al contrario, esistono acquari con nitrati a zero, che fanno cambi d’acqua ogni tre giorni e… sono pieni di alghe!
Interessante, no?… Vediamo di approfondire.

Condizioni favorevoli

Per capire, dobbiamo fare un passo indietro, tornando al ciclo dell’azoto.
Sappiamo che in acquario si forma spontaneamente ammonio (NH4+) e che questo viene successivamente trasformato in nitrati (NO3) dal filtro biologico.
Ma ci sono due cose che non tutti sanno:

  • La flora batterica non si trova solo nel filtro. Quello viene colonizzato in tempi brevi perché sta li apposta, ma in un acquario di due-tre anni i batteri nitrificanti stanno dappertutto.
    Generalmente servono dai 4 agli 8 mesi, per dire che l’acquario è veramente “maturo”.
    I soliti 30 giorni, di cui si parla sempre, servono solo per far partire l’attività del filtro.
  • Qualsiasi vegetale, pianta o alga, assimila l’azoto in forma ammoniacale.
    Se non ce n’è… ci si accontenta del nitrato.
    Un detto popolare della Vallesina recita: “Quando non c’è di meglio, si va a letto con la moglie!

Ma cosa c’entra il punto 1 con il punto 2?…
Quei meravigliosi laboratori viventi, che chiamiamo Limnophila, Bacopa, Heteranthera, Cabomba, ecc. ecc., sono in grado di trasformare autonomamente l’azoto nitrico in azoto ammoniacale, per poi nutrirsene.
Stiamo parlando di organismi evolutissimi, le cui caratteristiche sono state perfezionate da centinaia di milioni di anni di sviluppi e adattamenti.

Schema di assimilazione dell'azoto nelle piante
Schema di assimilazione dell’azoto nelle piante

Ovviamente devono impiegare più energia, nella trasformazione; se possono, preferiscono evitarlo.
E’ un po’ come mangiare una frittata: se abbiamo un ristorante che ce la fa trovare pronta, ci mettiamo direttamente a tavola; ma disponendo di energia sufficiente (la fiamma del fornello), siamo ben capaci di ottenerla partendo dalle uova.

Gli Oedogonium, invece, sono praticamente identici a quelli di un miliardo di anni fa.
Esseri primitivi e opportunisti, appena superiori ai batteri, che vivono di quello che riescono a trovare in quel momento.
Sono incapaci di “prepararsi il pranzo”, come fanno le piante. Devono trovarlo pronto.
Come un bambino di tre anni, incapace di usare i fornelli, che mangia la frittata solo se è già pronta.

In un acquario ben maturo, dove le piante rapide sono già adattate e rigogliose, l’ammonio che si forma in vasca viene in parte assorbito da loro. Ma soprattutto, la flora batterica ha colonizzato ogni millimetro; la trasformazione in azoto nitrico è quasi immediata.
Quell’elemento, così importante per qualsiasi vegetale, cessa immediatamente di essere disponibile per le filamentose, che del nitrato non sanno che farsene.

Quanto detto vale solo per le filamentose! In misura minore, per i cianobatteri.
Ci sono altri tipi di alghe che non hanno alcuna difficoltà ad assorbire i nitrati; vanno combattute in altri modi, ma non rientrano nel tema di questo articolo.

L’eliminazione

Le filamentose non vivono di solo ammonio. Hanno bisogno di un po’ di tutto, in particolare di ferro.
Anche la luce è un elemento fondamentale, l’alga non può assimilare nulla, a lampade spente.
Se nell’acquario sono arrivate a livelli preoccupanti, è evidente che le condizioni favorevoli ci sono tutte.

Invasione di Alghe filamentose
Invasione di Alghe filamentose

Disgraziatamente, si tratta delle stesse condizioni che rendono rigogliose le piante superiori, anche perché sembra che queste ultime si siano evolute proprio dalle alghe edogoniali (“Oedogoniales” è l’ordine di appartenenza) in epoche preistoriche.
Questo rende difficile ostacolare le alghe senza farlo anche con le piante.

  • Talvolta viene consigliata la rimozione meccanica: si infila un bastocino nell’acqua e si fa ruotare tra le dita; i filamenti ci si avvolgono come i capelli sui bigodini.
  • Altre volte, può capitare che qualcuno consigli l’introduzione di animali erbivori.
    In effetti bisogna dire che le filamentose sono apprezzate da varie specie: quasi tutti i Gasteropodi, i pesci dei generi Ancistrus e Otocinclus, il solito Crossocheilus langei (erroneamente chiamato siamensis).
  • Oppure c’è la solita terapia del buio: spegnere le luci per tre-quattro giorni consecutivi, approfittando del fatto che le piante hanno riserve e le alghe no.

Personalmente sconsiglio tali soluzioni.
L’ammonio, evidentemente disponibile, potrebbe diventare nutrimento per i cianobatteri… Preferisco le filamentose, grazie!..
In casi estremi, se proprio stiamo perdendo la pazienza, consiglio solo la terza opzione (terapia del buio); ma ripeto che deve essere un caso estremo.

Inoltre, tutto questo non risolve il problema alla radice.
Sono rimedi che consentono di accelerare i tempi di rimozione DOPO aver corretto le cause del fenomeno.

Le piante a crescita rapida danno certamente una mano, ma non per competizione alimentare come si pensa di solito. Le alghe sono sicuramente più veloci, nell’assorbire l’azoto ammoniacale appena si forma.
Le armi con cui combattono sono fondamentalmente due:

Allelopatia. Alcune specie sono ormai note, nella loro azione di contrasto alle alghe, per la produzione di sostanze che inibiscono il loro sviluppo (allelochimici).
Le più citate sono il Ceratophyllum demersum e l’Heteranthera zosterifolia; ma nel caso delle filamentose, la vera “specialista” è l’Egeria densa.
Ce ne sono sicuramente chissà quante altre, ma gli studi in questo campo sono largamente incompleti.

Sviluppo fogliare. Le piante, crescendo, aumentano notevolmente le superfici di insediamento della flora batterica, accelerando la maturazione di tutto l’acquario e non soltanto del filtro.
Approfondiremo questo aspetto nel prossimo capitolo.

Batteri

Gli unici veri antagonisti, per le alghe filamentose, sono i batteri nitrificanti.
In un acquario avviato da due-tre anni è praticamente impossibile che ci siano Oedogonium, a meno che non abbia subito qualche trauma biochimico da cui è derivata una riduzione di flora batterica.

Se è vero che le alghe sono più veloci delle piante, nell’assorbire l’ammonio, i batteri lo sono anche più delle alghe.
Questo non significa che dobbiamo dotarci di filtri giganteschi e sovradimensionati, ma semplicemente che dobbiamo avere pazienza: la Natura ha i suoi tempi.

Aspettando che la flora batterica si sviluppi, e che colonizzi tutto l’acquario, assisteremo ad una scomparsa progressiva delle alghe filamentose, che non a caso si formano sempre nei primi mesi, quando ci si accontenta di aver fatto maturare solo il filtro.

Alghe filamentose
Alghe filamentose

Dato che nessuno è disposto ad introdurre i pesci dopo 6 mesi, specialmente tra i principianti, nella fase iniziale ci sono alcuni trucchi per limitare i danni.

  • Date alle piante una luce sufficientemente forte, ma con fotoperiodo ridotto. È bene non superare le 7-8 ore fino a maturazione completa.
  • Non eliminate le lumachine che spesso arrivano con le piante (Physa o Melanoides). Queste si nutriranno di alghe, limitandone lo sviluppo fino a maturazione avvenuta.
    In seguito, ridurranno i tempi di eliminazione durante la fase successiva.
  • Introducete i pesci gradualmente, a cominciare dai più piccoli.
    Più tempo impiegate a popolare la vasca, meno filamenti vedrete. E non solo quelli.
  • Usate CO2 ma senza esagerare, specialmente negli acquari amazzonici con durezze molto basse.
    Ricordate che ha un’azione acidificante, e questo rallenta lo sviluppo dei batteri; non andate troppo sotto pH 7 per i primi 6 mesi, e in seguito scendete sempre in modo graduale.

Quest’ultimo punto sarà positivo anche per i pesci.
Anche le specie dai valori più estremi, come i ramirezi, che nell’Orinoco vivono a pH sotto il 5, quando arrivano nel vostro acquario vengono da un allevamento e sono cresciuti a valori ben più alti.
Sono stati difesi da agenti patogeni grazie alle lampade UV che sterilizzavano l’acqua, ma in ogni caso non sono abituati ai loro valori naturali.
Non è una buona cosa, farli passare improvvisamente in un ambiente troppo acido.
Chi invece riceve esemplari di cattura, direttamente dai luoghi d’origine, di solito non li mette in un acquario allestito da un mese.

Conclusioni

Le alghe filamentose preoccupano solo i principianti nei primi mesi dall’allestimento, e adesso abbiamo capito il perché: la mancanza di flora batterica è un’autostrada, per loro.

La migliore arma comincia con la “P”… ma non è il Protalon, è la pazienza!
Gli alghicidi chimici sono sempre a doppio effetto, risolvono un problema e ne creano un altro.
Una corretta gestione iniziale dell’acquario, mirata ad ottenere gradualmente un buon equilibrio biochimico, non solo ridurrà l’invasione di Oedogonium, ma renderà più veloce la loro eliminazione quando avrete superato la fase critica.

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