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Esiste un portale dedicato all’acquariofilia senza un articolo dedicato al ciclo dell’azoto? Ovviamente no! E così… eccovi il nostro. E chissà che possiate imparare qualcosa di nuovo…


Ciclo dell’azoto??… Eccone un altro… con tutto quello che c’è già in rete…
Leggendo il titolo, questo è ciò che deve essere venuto in mente a tutti.
In realtà, non intendo ripetere le solite cose, che si trovano su qualunque sito di acquariofilia, ma concentrare la vostra attenzione proprio su ciò che viene generalmente trascurato.
Inoltre, in linea con il nome di questo sito, Acquariofilia Facile, cercherò di ridurre all’indispensabile le formule chimiche e i concetti più complicati.

Se dovessi sembrare troppo superficiale, nelle mie semplificazioni, chiunque sarà libero di venire sul forum per proporre approfondimenti, dato che la registrazione è libera, gratuita e veloce.

Solitamente, per semplificare la trattazione, il ciclo dell’azoto viene ridotto alla solita sequenza sul funzionamento del filtro:

Ciclo dell'azoto

Non è sbagliato, ovviamente, ma è come descrivere il gioco del Calcio dicendo “22 uomini in calzoncini, che corrono dietro a un pallone”.
Cerchiamo quindi di capire cosa succede nei nostri acquari, durante la trasformazione dei rifiuti.
E soprattutto, certi fenomeni che spesso sembrano inspiegabili.

La decomposizione

In qualunque ambiente non sterilizzato, esistono batteri e microorganismi che frantumano le molecole organiche (piuttosto complesse) nei loro elementi costitutivi.
In una parola, le “decompongono“.
Questo rende possibile, da parte dell’ecosistema, il riassorbimento di tali elementi.

Questi organismi stanno dappertutto, non solo nel filtro, infatti la materia organica si decompone in qualsiasi punto venga depositata.
In acquario, il luogo principale è il fondo.

La decomposizione non produce soltanto azoto.
Il cibo non consumato, le deiezioni, le foglie morte, ecc. ecc., contengono altri elementi come fosforo, potassio, ferro, zinco, manganese… ma soprattutto carbonio.
Questo è infatti l’elemento fondamentale della Chimica Organica.
Nel primo film di “Star Trek“, gli umani venivano chiamati “Unità di base carbonio“.

Tale elemento, senz’altro il più abbondante nella materia organica, dopo la decomposizione diventa il più scarso.
Tende a legarsi con l’ossigeno per formare CO2 (anidride carbonica), che per la sua volatilità si disperde nell’atmosfera, restando nell’acqua solo per un breve periodo.

Considerando che fosfati, solfati, cloruri e tutti gli altri composti, si formano in quantità piuttosto piccole, ecco che l’azoto diventa la nostra principale preoccupazione.

Ammonio e ammoniaca

Dopo la decomposizione, l’azoto si lega con l’Idrogeno per l’intervento di altri batteri, chiamati “azotofissatori”.
A questo punto, spesso gli acquariofili parlano di “ammoniaca“, un po’ a sproposito.

Conosciamo tutti la tossicità di tale composto, la sola parola suscita perplessità.
In realtà, l’ammoniaca usata come detergente non è esattamente NH3, che allo stato puro sarebbe gassosa, ma evitiamo di addentrarci in discorsi complicati.
Ricorrerò a una semplificazione, nella speranza che gli addetti ai lavori non si arrabbino troppo.

Quello che si forma in acquario è quasi tutto ammonio (NH4+). E’ un composto molto meno tossico dell’ammoniaca, ma purtroppo viene rilevato dagli stessi test.
C’e solo una piccolissima percentuale di ammonio che diventa ammoniaca, in funzione dell’acidità e della temperatura.
Lo vediamo chiaramente in questa tabella, ottenuta a 25 °C:

Tabella ammonio ammoniaca

Come si vede chiaramente, l’ammoniaca diventa significativa solo ai livelli dei Guppy (pH 7.4-7.6) ed è preoccupante solo a valori da acquario Malawi (pH 8 o superiore).
In un acquario amazzonico, con pH sotto il 6.5, è praticamente irrilevante.
Qui sotto mostro un grafico, che ho preparato per rendere più evidente il fenomeno.

Andamento dell'ammoniaca in acquario

La resistenza dei pesci all’ammoniaca è legata all’ambiente in cui si sono evoluti, quindi al loro pH naturale.
Lo M’buna del Malawi, ad esempio, sopporta livelli ben più alti dell’Apistogramma del Casiquiare.

Entriamo nel filtro

L’acqua che arriva nel filtro trova dei simpatici batteri, chiamati Nitrosomonas (o Nitrosococcus in ambiente marino); questi assorbono ammonio (ed ammoniaca), restituendo nitriti (sarebbero gli NO2 sui test per acquariofilia), dopo un processo di ossidazione.

Se la cosa finisse qui, la situazione sarebbe peggiorata.
I nitriti agiscono sull’emoglobina dei pesci, impedendo al sangue di trasportare l’ossigeno.
Sono decisamente più tossici dell’ammonio, e lo restano a qualsiasi valore di pH.
Fortunatamente, è solo un passaggio intermedio.

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Ci sono altri batteri (Nitrospira, Nitrobacter, oppure i Nitrococcus in ambiente marino) che assorbono i nitriti rilasciando nitrati (sui test li trovate come NO3), con una seconda ossidazione.

Il lavoro del filtro biologico finisce qui.
I nitrati hanno una tossicità piuttosto bassa; creano problemi solo al di sopra dei 50 mg/litro, tranne con esemplari debilitati o specie particolarmente sensibili.
Ci sono pesci che tollerano valori ben più alti, per esempio i Carassi omeomorfi, e per tempi anche molto lunghi.

La trasformazione vista fin qui (NH4+ => NO2 => NO3) consuma ossigeno e libera ioni H+.
Questo continuo effetto acidificante tenderebbe ad abbassare gradualmente il pH dell’acquario, ma in genere non succede per la presenza di sostanze alcaline, che tamponano l’acidità.

Il picco dei nitriti

Subito dopo l’allestimento iniziale, ci si sente sempre dire di aspettare un mese o più, prima di introdurre i pesci.
Bisogna aspettare che passi il famigerato “picco di nitriti“. Ma perché avviene, e che cos’è?

I Nitrosomonas si riproducono con una velocità cinque volte superiore ai Nitrospira.
Durante la maturazione, ci sarà quindi una fase in cui i primi sono già a pieno regime, mentre i secondi sono rimasti indietro.

In questo periodo, l’ammonio si trasformerà velocemente in nitriti, ma da questi non si otterranno nitrati con la stessa rapidità.
Ci sarà quindi un accumulo di nitriti, per un po’, che verrà smaltito dai Nitrospira quando anch’essi saranno arrivati a livelli stabili.

Dobbiamo aggiungere che i batteri si riproducono in base al cibo che trovano.
È pertanto possibile avere nuove oscillazioni di nitriti, tutte le volte che il carico organico subisce un brusco aumento.

Esiste quindi un’altra regola basilare, forse più importante del mese di attesa: i pesci vanno inseriti con gradualità, mai tutti insieme.
E si comincia sempre dai più piccoli.

È preferibile acquistare esemplari giovanissimi, che crescano nel nostro acquario producendo un aumento graduale del carico organico, soprattutto se l’acquario è nuovo.
La flora batterica si evolverà gradualmente, sviluppandosi secondo le necessità dell’ecosistema.

Le piante a crescita rapida

Il livello di nitrati, come abbiamo visto, non può essere ridotto dal filtro. Esistono particolari condizioni, in cui altri ceppi batterici anaerobici diventano denitratori, ovvero scompongono i nitrati liberano azoto nell’atmosfera.
Si tratta comunque di un processo complicato, sia da spiegare, sia da mettere in atto.

Per questo motivo, si consiglia spesso di eliminarli mediante cambi d’acqua, anche perché i nitrati vengono solitamente associati alla proliferazione algale.

In realtà, alle alghe non bastano i nitrati. Richiedono diverse condizioni favorevoli, e non basta la sola presenza di composti azotati a farle proliferare… Ma di questo parleremo in altra sede.

Adesso c’interessano le piante rapide (Ceratophyllum, Myriophyllum, Egeria, Cabomba, Limnophila, ecc. ecc.) ovvero quelle specie in grado di assorbire moltissimo azoto, quando possono esprimere la loro velocità di crescita.
Se hanno condizioni adeguate di luce e di CO2, queste specie riescono ripulire il sistema da tutti gli inquinanti, ovviamente se il carico organico non è eccessivo.

Da qui, il vecchio motto dell’acquariofilia: “Meglio un pesce in meno e una pianta in più“.
A questi livelli di vegetazione…

Plantacquario

… possono passare anche diversi mesi, tra i cambi d’acqua.
Capita perfino di dover introdurre artificialmente nitrati e fosfati.

Non è finita…

Ciò che in giro non si legge, di solito, è che le piante preferiscono l’azoto in forma ammoniacale.
Sono capaci di ottenerlo anche dal nitrato, d’accordo, ma questo comporta un dispendio di energia perché la pianta deve poi riconvertirlo in ammoniacale.

Pertanto, un allestimento con parecchie piante rapide alleggerisce il lavoro del filtro, perché consuma parte dell’ammonio prima che arrivi ai batteri.
Anche l’inserimento dei pesci è più facile, la flora batterica si stabilizza con maggiore gradualità, e il picco di nitriti risulta molto ridotto o addirittura assente.

Con un rapporto molto alto, tra piante rapide e pesci, si potrebbe addirittura fare a meno del filtro biologico.
Alcuni riescono a toglierlo, dopo un lungo periodo di stabilizzazione.

ATTENZIONE:
Queste ultime righe non sono un’invito ad allestire acquari senza filtro.
E’ uno dei massimi risultati della carriera di un acquariofilo, ma servono parecchi anni di esperienza e diversi acquari alle spalle; inoltre, l’acquario deve aver superato un lungo periodo di maturazione.
Konrad Lorenz ci riusciva, d’accordo, ma lui era lui…
Se però siete interessati all’argomento e lo volete approfondire vi consigliamo di leggere questo articolo.

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