Ludwigia repens e Ludwigia glandulosa… quanti le hanno in acquario ma non sanno se si tratta di una o dell’altra. Vediamo assieme le differenze tra le due ma anche le caratteristiche comuni.
Sulla Ludwigia repens, e sulla “cugina” Ludwigia glandulosa, capitano a volte dialoghi di questo tipo:
- Bellissima, la tua Ludwigia repens!
- Non voglio sembrare insistente, ma ne ho una nel mio acquario. Ti garantisco che è repens.
- Ne puoi avere anche 50, ma io l’ho comprata ieri ed ho ancora lo scontrino: glandulosa!
A questo punto vale la pena di procurarsi una scorta di birra, patatine e sigarette, perché la cosa si fa interessante.
- Ragazzi, scusate se mi intrometto, ma quella si chiama Ludwigia weinrot…
- Ma che dite?… non vedete che è una Ludwigia perennis?
Mi fermo qui, ma potrei continuare…
Quella conversazione è di pura fantasia (ogni riferimento è puramente casuale), ma è molto somigliante alle discussioni reali, che avvengono spesso sui forum di tutto il Mondo.
A questo punto è inevitabile che qualcuno vada su Google Immagini a cercare di togliersi il dubbio, ma così facendo moltiplica per dieci le sue perplessità.
Mi è capitato personalmente di definire “repens” una Ludwigia vista in una foto.
Dopo qualche giorno, in un’altra discussione, ho chiamato “glandulosa” la stessa pianta.
Proprio io, che adesso ci scrivo questo articolo… Sembra da ridere, ma c’è una spiegazione piuttosto semplice.
Le due piante hanno le stesse dimensioni, le stesse forme, gli stessi colori, la stessa lunghezza delle foglie e dei relativi picciòli.
Sono originarie delle stesse zone, chiedono la stessa temperatura, la stessa acidità, le stesse durezze, la stessa illuminazione e gli stessi nutrienti.
Piccole differenze, ad esempio nelle radici avventizie, sono legate a condizioni di coltivazione diverse, non certo alla specie.
Ci sono due modi per riconoscerle. Li vedremo più avanti, e sarà evidente a tutti che una foto dell’acquario è quasi sempre insufficiente, in entrambi i casi.
Significato del nome
Esistono più di 70 specie conosciute, del genere Ludwigia, ma in questo articolo ci concentreremo solo su quelle citate nel titolo.
Si tratta delle due più comuni, insieme a Ludwigia inclinata e Ludwigia arcuata.
Nomi come mullerti, weinrot o palustris si riferiscono alle nostre due, per mancanza di accordo tra i ricercatori o semplicemente perché accettati come sinonimi.
Tanto per complicare un po’…
Il nome “Ludwigia” venne dato a questo genere di piante dal grande Linneo, nel 1753…
…che volle intitolarla ad un insigne scienziato suo contemporaneo: Christian Gottlieb Ludwig.
All’epoca, l’unica specie classificata era la perennis, quella che oggi chiamiamo glandulosa.
In realtà, “glandulosa” significa semplicemente “provvista di ghiandole”. Da questo punto di vista, quasi tutte le Ludwigia sono “glandulosa“.
Successivamente venne classificata la repens (=strisciante), che venne chiamata così per la sua forma emersa.
E’ infatti fuori dall’acqua che le due piante sono ben riconoscibili, in modo evidentissimo.
La glandulosa continua a crescere eretta, estendendosi anche per due terzi sopra la superficie liquida.
L’aspetto è differente, rispetto alla parte sommersa, ma lo stelo sembra disegnato col righello.
La repens tende invece a piegarsi in orizzontale, sfruttando al massimo i due elementi in cui si trova: aria e acqua.
Le foglie, rigogliose nella parte emersa, vanno a prendersi l’abbondante CO2 atmosferica e la luce solare.
Le radici, invece, escono numerose dai nodi puntando verso il basso, in modo da assorbire i nutrienti presenti nell’acqua.
Se il livello è basso, quei filamenti raggiungono il fondo e vi attecchiscono, migliorando anche l’ancoraggio meccanico.
Riconoscimento in acquario
Dal disegno precedente, sembra che le due piante siano distinguibili solo in Natura, a meno di non avere una vasca aperta con plafoniera sospesa.
Il coperchio, presente nel 90% dei nostri acquari, ci costringe ad una coltivazione sommersa, dove quegli effetti sono impossibili da ottenere.
Anche in questo caso, in teoria, esisterebbe un trucco per distinguerle.
Si tratta di una differenza già visibile nel primo disegno, ma è bene sottolinearla con uno schema più dettagliato:
La Ludwigia repens produce foglie opposte, mentre la glandulosa le ha alternate.
Mi sembra già di sentire i commenti…
“Aaahhh… ma allora è facilissimo!
Basta scattare una foto da vicino, in modo che si veda bene l’attacco sullo stelo…”
Purtroppo non è cosi semplice.
Osservate attentamente queste immagini:
Sembra facilissimo, ora che sappiamo il trucco…
La prima è glandulosa, la seconda è repens… Invece no!!!
Si tratta della stessa pianta, nello stesso acquario, con la stessa luce e la stessa CO2.
Le due foto sono state scattate a parecchi mesi di distanza, ma la pianta è sempre quella.
Eccola qua, contrassegnata dal cerchio rosso.
Si tratta dell’acquario dell’amico Alessandro, che ringrazio per le sue splendide foto.
Com’è possibile? Come può verificarsi una simile mutazione?
E soprattutto… che specie è?
Alessandro sostiene di averla acquistata come glandulosa, non ho alcun dubbio che sia così.
Forse, leggendo meglio il cartellino avremmo trovato “Ludwigia sp. glandulosa“, o magari “Ludwigia glandulosa x repens“.
Ormai non c’è modo di saperlo, ma è piuttosto evidente che si tratta di un ibrido; presenta infatti caratteristiche tipiche di entrambe le specie.
“Giuda ballerino!“, esclamerebbe Dylan Dog…
Cosa deve fare un poveraccio, per sapere la specie della sua Ludwigia???
E qui viene il bello!… La cosa non riguarda solo noi acquariofili.
Ibridi e cultivar
Dal Texas all’Uruguay, ci sono centinaia di varianti di queste piante, ogni tanto se ne trova una nuova.
La maggior parte riporta la dicitura “sp.“, che in sostanza significa “non ancora classificata”.
Ma anche sulle 75 specie “ufficiali”, già inquadrate nella tassonomia scientifica, sono più di 200 anni che gli scienziati cercano di mettersi d’accordo.
Le Ludwigia sono, infatti, particolarmente inclini all’ibridazione spontanea.
A differenza delle altre cultivar, che vengono normalmente ottenute in laboratorio da incroci e selezioni, queste piante tendono ad ibridarsi anche in Natura, ed è proprio questo che aumenta la confusione.
Nella maggior parte dei casi, l’ibrido risulta sterile. Non potendosi riprodurre, ha una durata limitata, il tempo di una singola generazione.
Solo in rari casi la nuova specie risulta fertile, e solo se ha un vantaggio competitivo riesce a svilupparsi colonizzando un territorio.
In questo caso, saremmo di fronte ad un nuovo gradino evolutivo; ma come si può immaginare, occorrono secoli prima che questo avvenga.
L’intervento dell’Uomo falsa tutto, alterando pesantemente il corso naturale delle cose.
Per la sua estrema bellezza, la Ludwigia viene coltivata da secoli a scopo ornamentale…
…e questo ha prodotto una miriade di cultivar spontanee.
Voglio ricordare che il termine “cultivar” è l’abbreviazione di “cultivated variety”, e non necessariamente riguarda creazioni artificiali di laboratorio.
Un ibrido prelevato in Natura, senza possibilità di sopravvivenza, che viene coltivato e riprodotto per talea dall’intervento umano, è comunque da considerare cultivar, anche se l’origine è naturale.
Caratteri dominanti
Tornando alla Ludwigia di Alessandro, la sua mutazione si spiega con l’evoluzione della pianta nel corso dei mesi.
Succede spesso, con gli ibridi, che il tempo, le potature, le riproduzioni per talea, facciano emergere dei caratteri genetici che erano mascherati sulla pianta madre.
Può capitare in modo spontaneo, o più facilmente per un cambio di condizioni.
Talvolta basta un nuovo fertilizzante, un cambio di acidità, la sostituzione di una lampada… per portare il patrimonio genetico di una specie a prevalere sull’altra.
“Red” e “Rubin”
La caratteristica principale delle Ludwigia è la tendenza al colore rosso.
A differenza dell’Alternanthera reineckii e della Rotala macrandra, queste piante non sono prettamente rosse.
Lo diventano all’occorrenza.
In presenza di luce molto intensa, si proteggono producendo carotenoidi; questo spiega la forte variazione di colore tra foglie alte e foglie basse.
Dal suo punto di vista, quindi, la Ludwigia non vorrebbe affatto una luce fortissima.
Siamo noi che la vogliamo rossa, e per riuscirci la costringiamo a difendersi, piazzandogli sopra quelle luci da stadio.
Le esigenze commerciali hanno portato i coltivatori a sviluppare delle varianti selezionate, in cui il colore rosso risulti dominante come su un’Alternanthera.
Nei negozi di acquaristica, trovate queste specie come Ludwigia glandulosa “Red” e Ludwigia repens “Rubin”.
Queste varietà sono ben più esigenti in fatto di lampade, richiedono maggiore potenza e gradazione più alta.
Come abbiamo visto, con le varietà naturali non c’è l’esigenza di luce così forte. La pianta si adatta cambiando colore.
Se ci accontentiamo di averla sul verde, anche l’esigenza di ferro si riduce e anche la CO2 può essere tenuta su livelli più comuni, nell’ordine dei 20 mg per litro.
La CO2
Trattandosi di una pianta palustre, è indispensabile fornire CO2 artificialmente.
In Natura, la pianta cresce fuori dall’acqua, si è quindi evoluta con la disponibilità di anidride carbonica atmosferica.
In acquario, tenendola costantemente sommersa, può sopravvivere soltanto con il nostro aiuto; se poi la esponiamo a luce intensa per averla rossa, la CO2 non dovrebbe mai scendere sotto i 30 mg/litro.
Personalmente, consiglio di arrivare anche a 40.
Il fondo
La Ludwigia ha un imponente apparato radicale. Quasi come una pianta a stolone.
E’ dalle radici che assorbe buona parte dei nutrienti, pertanto il fondo risulta di grande importanza.
Se si dispone di materiali inerti (quarzo, sabbia, ghiaietto) si può risolvere il problema ricorrendo alle solite pasticche da interrare.
Se l’acquario non è ancora allestito, pensateci prima.
In previsione di coltivare una Ludwigia, preferite un fondo ricco di nutrienti. Questo eviterà la formazione di radici avventizie, segno evidente che la pianta sta cercando, nell’acqua, qualcosa che non trova nel terreno.
I valori dell’acqua
Rispetto all’Alternanthera, sua rivale storica, la Ludwigia ha un notevole vantaggio commerciale.
Si adatta benissimo alle nostre acque di rubinetto, e può convivere tranquillamente con Guppy, Platy, o altri pesci di acque dure.
Non richiede particolare acidità o durezza, regge bene anche le escursioni termiche. In Natura la troviamo spesso su valori alcalini.
In questo è forse la più facile tra le piante rosse, ed è probabilmente il motivo del suo successo in acquariofilia.
Consigli conclusivi
Abbinamenti
Non risultano problemi di allelopatia creati da queste piante; ma le acque dure del centroamerica ci portano, anche in questo caso, a rispettare l’area geografica di appartenenza.
Non tutte le piante si trovano bene a pH oltre il 7, magari con KH 12 e GH 16; sarebbe preferibile l’abbinamento con specie tipiche di quei territori: Cabomba caroliniana, Bacopa Caroliniana, Egeria densa, Miyriophyllum elatinoides, Proserpinaca palustris, Najas guadalupensis… se l’acquario è sufficientemente grande, anche gli Echinodorus.
Come pianta da prato, consiglio l’Hemiantus callitrichoides.
Le Ludwigia sono capaci di adattarsi anche ad acque più acide, fino a pH 6 e anche meno, ma se abbiamo un acquario amazzonico, tanto vale scegliere piante di quei luoghi.
Anche tra le stesse Ludwigia ci sono specie più indicate.
Potature
Mostro uno schema, su come tagliare lo stelo:
Tagliando come nel disegno si ottiene un notevole effetto moltiplicativo,
Non solo la talea superiore può essere ripiantata, generando una nuova Ludwigia, ma la pianta madre si sdoppierà formando una “Y”.
La foto che vedete qui sotto riguarda una delle mie Alternanthera, ma anche sulle Ludwigia il risultato sarà identico.
In conclusione, si tratta di una pianta di facile coltivazione, molto adatta ai principianti, che solitamente vedono ostacoli insormontabili nella coltivazione delle piante rosse.
Seguendo le guide di Acquariofilia Facile, è possibile ottenere CO2 da lieviti quasi a costo zero, e questa è sostanzialmente l’unica vera esigenza della vostra Ludwigia, glandulosa o repens che sia.