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Distinzione tra i nutrienti

Macro e microelementi

Escludendo gli elementi-traccia, richiesti in quantità davvero insignificanti, il peso secco di una pianta è formato da 16 elementi chimici.

I tre costituenti principali sono ossigeno, idrogeno e carbonio, che insieme formano il 96-97% del totale: il carbonio, da solo, è circa il 45%.
Trattandosi di elementi non-minerali, generalmente vengono esclusi dalle trattazioni sui fertilizzanti, ma visto che il carbonio viene spesso introdotto artificialmente, in acquario, sotto forma di CO2, in questo articolo lo tratteremo ugualmente.

Probabile carenza di CO2
Probabile carenza di CO2

Con il termine “macronutrienti” (o macroelementi) si intende una lista di 6 elementi ben presenti nella pianta, misurabili in decimi di percentuale.
Vengono normalmente elencati secondo la percentuale contenuta nel peso secco, ovvero in questo ordine:

  • azoto
  • potassio
  • calcio
  • magnesio
  • fosforo
  • zolfo

Questo ordinamento è soltanto quantitativo.
Per il numero di funzioni svolte, il fosforo sarebbe certamente il primo della lista.

Talvolta può capitare di sentir parlare di macroelementi principali e secondari, come nella tabella in figura.

Tabella dei macronutrienti
Tabella dei macronutrienti

Altre volte, i tre nella colonna di destra vengono definiti mesoelementi.
E’ una distinzione che non riguarda la quantità contenuta nella pianta, ma soltanto la fertilizzazione, ovvero l’aggiunta artificiale di sostanze nutritive.

In agricoltura, oppure nel giardinaggio, è infatti rarissimo che si debbano aggiungere calcio, magnesio e zolfo, di solito ben presenti nel terreno.
E’ invece comunissima la somministrazione di azoto, fosforo e potassio (NPK).
Anche in acquario è così, ma azoto e fosforo dipendono dal carico organico e dai mangimi, mentre il potassio è l’elemento che manca più spesso.

Gli oligoelementi sono richiesti in quantità molto inferiore; nel peso secco della pianta si misurano in centesimi di percentuale, o addirittura in millesimi.
Su alcune fonti, per evitare troppe cifre decimali, vengono indicati in ppm (parti per milione); non è un caso che òligos significhi “poco”, in Greco.
Il termine è utilizzato soprattutto in Europa, mentre gli americani preferiscono “microelementi”.

Usando lo stesso criterio dei macroelementi, questo sarebbe l’ordinamento:

  • ferro
  • cloro
  • manganese
  • boro
  • zinco
  • molibdeno
  • rame

L’elenco non va considerato come… “scritto nella pietra”. Tutt’altro.
Abbiamo già visto come gli ultimi, molibdeno e rame, possano essere classificati sia tra gli “elementi-traccia” che tra gli “oligoelementi”, secondo la specie.
Inoltre, ci sono piante in cui lo zinco si piazza al terzo posto, superando il manganese; il boro può essere richiesto addirittura più del cloro, durante la fioritura.

Infine, dobbiamo spendere due parole sul ferro, il primo della lista.
Tradizionalmente viene considerato un oligoelemento, ma in acquari molto illuminati, oppure con piante emerse o galleggianti, la quantità richiesta potrebbe portarlo di prepotenza tra i macronutrienti.

Elementi mobili e plastici

Esiste un altro criterio per distinguere i nutrienti, che non si basa sulle quantità ma sulla mobilità.
Alcuni di loro possono essere spostati dalla pianta, se necessario, togliendoli alle parti più vecchie per nutrire quelle giovani.
Vengono definiti elementi mobili.

Altri, invece, hanno funzione strutturale; una volta fissati sui tessuti, è difficile che possano muoversi da lì.
Si chiamano elementi plastici, o non-mobili.

La mobilità di un elemento non è come il bianco e il nero, è più simile a una scala di grigi; sarebbe quindi più corretto parlare di elementi “molto mobili” o “poco mobili”… ma diverrebbe roba da professionisti, probabilmente troppo per un comune acquariofilo.

Il problema è che questa distinzione netta, fatta con la scure, crea problemi di interpretazione, portando ad elenchi discordanti tra le varie fonti che possiamo trovare in giro.
Non vi stupite quando vi capiteranno indicazioni contrastanti, ad esempio sull’azoto o sul ferro.

Ci sono comunque 4 elementi da considerare sicuramente mobili:

  • potassio
  • magnesio
  • boro
  • rame

Mentre altri 4 vanno senz’altro considerati plastici:

  • calcio
  • manganese
  • zinco
  • zolfo

Tutti gli altri stanno nella “terra di nessuno”, con un grado di mobilità che concede un certo spazio all’interpretazione.
Questa seconda distinzione, tra mobili e plastici, è decisamente importate, perché ci consente di individuare subito il gruppo di appartenenza dell’elemento carente.

Se una pianta è rigogliosa nella parte alta, ma ha qualche problema in basso, possiamo essere certi che la carenza in atto riguarda un elemento mobile.
Quel poco che rimane viene concentrato sulle foglie giovani, sacrificando quelle più vecchie.

Al contrario, quando si abbruttiscono le foglie alte, significa che manca un elemento plastico, o comunque poco mobile.
La pianta non riesce a recuperarlo dalle foglie vecchie; quindi a farne le spese sono quelle giovani, cresciute con la carenza già in atto.

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Nei capitoli successivi, per uniformarci al metodo più diffuso, distingueremo i gruppi in base al primo criterio, ovvero in base alle quantità richieste dalla vegetazione.

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