Nomi di piante e pesci
In acquariofilia, siamo da tempo abituati a leggere nomi in Latino, o comunque latinizzati.
A differenza delle specie terricole, che hanno quasi sempre un nome comune, tra quelle acquatiche sono pochissime ad averlo.
Tanto per fare qualche esempio, nemmeno tra gli scienziati si parla di Loxodonta africana e Panthera onca, per indicare l’Elefante e il Giaguaro.
Noi acquariofili siamo invece costretti ad utilizzare spesso i nomi scientifici, che talvolta sono piuttosto complicati.
Capita anche con specie diffusissime, come Mikrogeophagus ramirezi o Limnophila sessiliflora.
Anche per noi ci sono alcuni nomi comuni: Guppy, Cardinale, Pesce Gonnella, Erba Stella, Giacinto d’acqua… Ma spesso cambiano da paese a paese, e sono comunque una ristretta minoranza.
Il metodo tassonomico attualmente in uso si chiama nomenclatura binomiale.
Risale al 1753 per le piante, al 1758 per gli animali, e viene tradizionalmente attribuita al più famoso naturalista di tutti i tempi. Eccolo qui:
Inizialmente, ci vollero alcuni decenni prima che tale metodo venisse adottato universalmente.
Osservate il disegno qui sotto, realizzato da Jean B. Fusée-Aublet, tra il 1762 e il 1775:
Si tratta di una pianta che il botanico francese scoprì in Sudamerica, più precisamente in Guyana; oggi, il suo nome scientifico è Mayaca fluviatilis.
Ma guardiamo più attentamente questo ingrandimento, sulla parte bassa:
Aublet scrisse Maiaca Fluvialis, in Francese, commettendo diversi “errori” secondo le regole di oggi.
Eppure si trattava di un professionista della Scienza, una vita da botanico e farmacista…
Il motivo è molto semplice.
Ai suoi tempi, le nuove regole erano già state introdotte in alcuni paesi, ma non dappertutto; considerando anche i mezzi di comunicazione del ‘700, era ben difficile che uno scienziato, lavorando in Guyana Francese, fosse al corrente di novità appena proposte… da un suo collega in Svezia!
Oggi, dopo oltre due secoli e mezzo, il nome scientifico è costituito da due termini fondamentali: il genere e la specie; per questo si definisce “binomiale”.
Nel caso di una varietà selezionata, derivata artificialmente, si aggiunge un terzo termine.
Le regole sono molto semplici:
- Il genere si scrive in corsivo, con la lettera maiuscola.
- La specie va sempre in corsivo, ma con la minuscola.
- L’eventuale varietà selezionata va in maiuscolo, tra virgolette, ma senza corsivo.
Facciamo un paio di esempi:
Pterophyllum scalare “Marble”
Alternanthera reineckii “Rosaefolia”
Un errore comunissimo, su cui voglio soffermarmi, è la pluralizzazione “all’italiana”.
Capita spesso, infatti, che alcuni nomi “suonino” come italiani, al nostro orecchio, e questo ci fa dimenticare che sono in Latino, o comunque latinizzati.
Si assiste così alla scrittura di frasi di questo tipo:
- Nel mio acquario ci sono due scalari.
- Io pensavo di prendere una decina di Rasbore.
- Voglio mettere le Cladophore, insieme alle Caridine.
Non è un caso che tali errori capitino sempre con le stesse specie.
Nessuno si sognerebbe mai di pluralizzare… chessò… Kryptopterus bicirrhis, proprio perché non “suona” italiano.
Risulta invece più difficile capire che anche Apistogramma è Latino, ed il plurale non è “Apistogrammi”.
Ora che lo sappiamo, non sarà difficile evitare questi errori.