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Allelopatia: Pedersen vs Walstad

Riferimenti ad altri studi

Negli anni precedenti, parecchie opere erano già state scritte in tutto il Mondo, sull’allelopatia tra specie acquatiche.
Una l’abbiamo già vista, ma non è certo l’unica.

Lo stesso Pedersen, in fondo al suo articolo, pubblica una bibliografia piuttosto lunga… forse troppo, per un articolo di 7 pagine; anche perché si ridurrebbe soltanto a 3, senza lo spazio occupato dalle immagini.

Questa trattazione del ’93, ad esempio, viene dall’India…

Trattazione di Gopal-Goel sull'allelopatia, del 1993
Trattazione di Gopal-Goel sull’allelopatia, del 1993

… ed è conosciuta anche da Pedersen, che nel suo articolo la cita ma senza mostrarla.

Se lo avesse fatto, qualcuno avrebbe potuto leggere quell’indice, dove c’è un capitolo intitolato “Macrophyte-Microphyte Interactions”
Oddio… Vuoi vedere che l’allelopatia funziona pure sulle alghe?…

Ora vediamo cosa dice Pedersen, di quella pubblicazione:

Riferimento di Pedersen alla trattazione di Gopal e Goel del 1993

Traduzione:

L’allelopatia è piuttosto ben documentata, per una varietà di piante terricole, ma le informazioni sono scarse, su quanto sia diffuso tale fenomeno tra le piante acquatiche (Gopal & Goel, 1993).

Davvero incredibile…
Per spiegare che ci sono “scarse informazioni sul fenomeno”, tra le piante acquatiche, viene citato un articolo di 30 pagine che si intitola “Competizione ed Allelopatia nelle comunità di Piante Acquatiche“!

Ecco cosa significa “citare senza mostrare”.
C’è una sola spiegazione, per questo clamoroso autogol: per dimostrare le proprie ragioni, ci si appoggia a due scienziati indiani che nessuno conosce.
Ti pare che qualcuno andrà mai a controllare, cos’hanno veramente scritto quei due?

Quelle zanzare diventano sempre più fastidiose…
Proviamo ad aggiungere ancora un po’ di carne al fuoco.

Ecco un’altro studio, del ’96, che Pedersen ha citato, ma non mostrato:

Studio di E.M.Gross sull’allelopatia del 1996

Per chi volesse leggersi tutte le 18 pagine in Inglese (più 9 di bibliografia), l’articolo originale è liberamente scaricabile: Allelopathy_of_Aquatic_Autotrophs.
Noi ci soffermeremo solo su quell’abstract, provando a tradurre qualche passaggio ed evidenziando quello che ci interessa maggiormente:

L’allelopatia in ambienti acquatici può fornire un vantaggio competitivo ad angiosperme, alghe o cianobatteri, nella loro interazione con altri produttori primari.
[…]
L’allelopatia si verifica in tutti gli habitat acquatici (marini e d’acqua dolce), e tutti gli organismi (cianobatteri, micro e macroalghe, tanto quanto le angiosperme) sono in grado di produrre e rilasciare composti allelopatici attivi.
[…]
Le interazioni allelopatiche sono comuni soprattutto nelle specie completamente acquatiche, come le macrofite sommerse, le alghe bentoniche e i cianobatteri.

E questo è soltanto l’abstract… Anzi, soltanto le poche righe che abbiamo tradotto.
Vediamo ora come ne parla Pedersen, nel suo articolo; anche perché si tratta dell’unica concessione che fa alla sua… “avversaria”:

Riferimento di Pedersen allo studio del 1996 di E.M. Gross sull’allelopatia

Traduzione semplificata:

La dott.ssa Elisabeth Gross […] è ben nota per il suo straordinario approccio sperimentale all’allelopatia, tra le piante acquatiche. […]

Con le colture di Myriophyllum spicatum, è riuscita a dimostrare che questa pianta espelle sostanze fenoliche, in circostanze naturali.
In questo caso particolare, il composto fenolico è stato la tellimagrandina, che ha un effetto alghicida straordinariamente forte.

Una concentrazione di solo 2 µM per litro inibisce l’attività enzimatica nei cianobatteri di oltre il 10%.
Il suo studio ha mostrato che i Myriophyllum rilasciano fino a 0.4 mg di tossina per milligrammo di peso secco, ogni giorno, e questo può essere sufficiente per ridurre la copertura di epifite sulle sue foglie, in circostanze naturali.

Davvero interessante…
Siamo di fronte all’unico caso, in un articolo di 7 pagine, in cui Pedersen va incontro alle tesi della Walstad… Ma come lo fa?

  • Innanzitutto, parla del caso di allelopatia più conosciuto e confermato, dagli acquariofili di tutto il Mondo: Myriophyllum vs. cianobatteri.
    Quello che proprio non si può negare, viste le innumerevoli evidenze.
  • Nel trattarlo, lo presenta come “caso particolare”, facendo credere che non ci sia altro da segnalare.
  • Il contrasto allelopatico, in questa eccezionale circostanza, non riguarda le alghe.
    È limitato ai soli cianobatteri, mentre il testo originale parla di tutti gli organismi (cianobatteri, micro e macroalghe, tanto quanto le angiosperme)” e “soprattutto specie completamente acquatiche“.
  • Ripete due volte che il fenomeno avviene “in circostanze naturali”, come se volesse sottolineare che non si parla di acquari, ma di qualche palude chissà dove.
  • Continua a non mostrare l’articolo che cita; bisogna fidarsi di come lo racconta lui, isolando solo le parti che fanno comodo alle sue tesi.

Non mi dilungo su gli altri innumerevoli esempi che potrei produrre, ma la trattazione di Pedersen è tutta così: una serie di citazioni da letteratura scientifica prodotta da altri, che vengono estrapolate dal contesto, interpretate a suo uso e consumo, travisate e talvolta addirittura false, incapaci di reggere la più superficiale delle verifiche.

Lo scopo è quello di condurre il lettore, gradualmente, verso una conclusione già stabilita fin dall’inizio:

Una frase scritta da Pedersen alla fine del suo articolo

Traduciamo questo passaggio, il più celebre dell’articolo:

Una domanda naturale da porsi sarebbe: “Si può usare l’allelopatia, per controllare la crescita delle alghe in acquario?”
La risposta sarebbe NO!

Certo che sarebbe “No!”.
Abbiamo taroccato testi scientifici di mezzo Mondo, per ottenere quel “No!”, e la fama di illustre professore ha fatto il resto, portando i lettori a fidarsi sulla parola.
Nel prossimo capitolo, vedremo nascere molti altri dubbi.

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