E. uruguayensis
E. osiris
E. horemanii
E. portoalegrensis
Di nuovo… un altro accorpamento, stavolta si tratta del più grande in assoluto.
Quello che oggi è ufficialmente riconosciuto come Echinodorus uruguayensis, ha prodotto un numero incredibile di ecotipi, i cui nomi oggi sono considerati sinonimi.
In passato è stato classificato con almeno 15 nomi diversi.
Quelli che leggete nel titolo sono solo i più comuni.
Osservando le foto, è del tutto comprensibile che appaiano come specie distinte, tuttavia, occupano tutti la zona centrale del Sudamerica, dal versante meridionale dell’Amazzonia fino all’Argentina settentrionale.
Si tratta infatti di piante particolarmente adattabili, per temperatura, durezza e acidità; da questo punto di vista, potrebbero stare praticamente in qualunque acquario.
I veri limiti sono fondamentamente due:
Le dimensioni della vasca
Se coltivate su terreno fertile, ricco di nutrienti, possono arrivare a dimensioni davvero proibitive.
Alcune varietà possono arrivare ad un metro di altezza, per poi aprirsi con un diametro equivalente in funzione della luce.
L’unico modo per tenerle a freno è coltivarle su fondo inerte, ma questo può portare a carenze che talvolta abbruttiscono la pianta in modo inaccettabile.
Il rapporto luce/ferro
In presenza di luce forte, le foglie tendono a virare verso il rosso. Questo fenomeno è più evidente con la varietà “osiris”, che non a caso ha il nome comune di “Red Sword”.
Perché questo avvenga è necessario un sostanzioso apporto di ferro, che deve arrivare dal terreno e non dall’acqua.