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Intervista a Diana Walstad

Traduzione di Tsar

Quella che segue è la traduzione in italiano dell’intervista che Diana Walstad ha rilasciato alla rivista Acquabotanic.


Venne pubblicata in lingua inglese il 3 gennaio 2011, a firma di Robert Paul Hudson, che intervistava Diana Walstad sui contenuti del suo libro (ormai ben noto ai lettori di Acquariofilia Facile).

Grazie al lavoro di traduzione di Tsar, che ovviamente ringraziamo, possiamo proporvela in lingua italiana.

Prima di lasciarvi alla lettura, è necessario precisare che il testo non è stato tradotto in modo letterale.
Ci sono differenze linguistiche che avrebbero reso la lettura poco scorrevole, soprattutto nell’uso della punteggiatura.
Abbiamo quindi alterato un po’ la forma, ma garantiamo il pieno rispetto dei contenuti.

Per semplificare ulteriormente, abbiamo usato il corsivo per distinguere le parole di Hudson.
Chiudo qui, e lascio la parola ai due protagonisti.

(Introduzione di Rox)

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Ecologia dell'acquario di piante

Molta attenzione è stata concentrata sui metodi “High-Tech” di coltivazione acquatica; ad esempio con impianti di CO2 ed illuminazione intensa.

Tali metodi inducono le piante a crescere rapidamente, ma esiste un’altra metodologia, che viene spesso definita “Low-Tech”.

Questo approccio ai plantacquari è stato spesso associato ad un libro: “Ecologia dell’Acquario di Piante” di Diana Walstad, che ho avuto l’opportunità di intervistare.

La dott.ssa Walstad si laureò in Microbiologia all’università del Kentucky (Lexington), nel 1969. Dice di essere nata in una famiglia che ha sempre avuto acquari e laghetti.

A parte una breve esperienza nei Corpi di Pace, ha operato come ricercatrice per tutta la sua vita: “Ho lavorato in diversi campi connessi alla Medicina per l’Università della North Carolina (Chapel Hill) fino al 2001.
Attualmente sto lavorando per il governo federale come citologa (biologa molecolare) in un campo molto più oscuro: la comunicazione intracellulare”.

 

Per favore, descrivi brevemente, a chi non abbia letto il tuo libro, quali sono i punti salienti e i suoi obiettivi.

L’obiettivo generale, in questo libro, è di far apprezzare maggiormente le piante agli acquariofili.
Le piante non sono vitali per la sopravvivenza dei pesci, ma possono comunque giocare un ruolo importante nell’acquario.

Per esempio, esse tengono a bada le alghe, assorbono l’ammonio tossico, riciclano i residui di mangime ed ossigenano il substrato.
Le piante riducono la necessità di fare cambi d’acqua frequenti, di pulire il fondo, inoltre contribuiscono alla salute dei pesci.

Il libro spiega tutti gli effetti delle piante, sull’ecosistema acquario, e quali fattori le influenzino.
Riporto informazioni scientifiche che pochi acquariofili hanno visto. In seguito descrivo i miei acquari e il “mio metodo”.

Comunque, ognuno può usare tali nozioni per allestire qualsiasi acquario, nel modo che preferisce.
So che molti usano le informazioni del libro per migliorare il mantenimento di plantacquari High-Tech.

Mi rendo conto che “Ecologia dell’Acquario di Piante” è stato il prodotto di molti anni di lavoro.
Puoi descriverne il processo?
Cosa ti ha ispirato?… E qual’era l’obiettivo originale del progetto?

Credimi, non c’era alcun progetto di scrivere un libro.
Il processo è partito nel 1988, dopo un lungo periodo senza acquari, quando ho deciso di allestirne uno nuovamente.

Quella volta ero determinata ad avere un acquario ben piantumato.
I tentavi passati erano falliti; così decisi di provare qualcosa di diverso, utilizzando il terriccio da giardino.

È ironico che sia stata ispirata da un articolo del 1988 sulla rivista FAMA.
Si trattava di un’intervista ad un’esperta di piante: Dorothy Reimer.
Quando usai anch’io la terra da giardinaggio, e vidi una crescita spettacolare delle piante, fui convinta.

Notai anche che i miei pesci stavano molto bene, in quelle vasche con manutenzione minima.
Decisi quindi di provare a scrivere degli articoli mirati, basandomi su informazioni scientifiche.

Ne scrissi parecchi, per FAMA e per AGA (Aquatic Gardener’s Association), sulla preferenza che le piante hanno per l’ammonio (non per i nitrati), sull’allelopatia, sulla chimica del terreno in acqua, sul cibo dei pesci come fonte di nutrimento per le piante, ecc.

La reazione positiva dei lettori mi fece andare avanti.
Col tempo, quegli articoli divennero capitoli (o sotto-capitoli) del libro.

Ad un certo punto mi chiesi se potevo unirli tutti, su così tanti e svariati argomenti, in un unica opera.
Decisi che si poteva fare e, cosa più importante, che meritava di essere fatto.

Si è evoluto come previsto o ci furono delle sorprese?

Ce ne furono molte. Ogni trattato scientifico può portare sorprese.
C’erano giorni in cui non riuscivo a trattenermi dall’andare nelle biblioteche.

Gli esperimenti mi portarono a notare, ad esempio, una crescita minore delle piante nel terriccio addizionato di fertilizzanti, piuttosto che in quello non fertilizzato.

È necessario fare esperimenti per testare una teoria.
Quando pianifico un esperimento sono stimolata, spesso, dal sapere che potrei scoprire qualcosa che nessun altro conosce, nell’intero pianeta.

La grande sorpresa, non proprio felice, fu la mia esperienza con gli editori. Sembrava che il mio libro non fosse abbastanza accademico per le biblioteche universitarie, ma che fosse troppo scientifico per gli acquariofili.

Spesi diversi anni nel tentativo di trovare un editore.
Se avessi accettato il contratto, che mi arrivò da un editore universitario, il libro sarebbe stato molto più breve, sarebbe costato 70 dollari e sarebbe stato acquistato solo da poche biblioteche universitarie.

Di sicuro nessuna intervista per le riviste!
Finii per pubblicarlo da sola, in modo che potesse uscire esattamente come lo volevo io.

L’acquariofilia è cambiata in molti aspetti da quando iniziasti la tua ricerca.
Credi che gli acquariofili odierni siano attratti dai princìpi del tuo libro, per lo stesso motivo per cui hai voluto scriverlo?

Sì.
Credo che gli hobbisti siano attratti dai concetti espressi nel libro, per la stessa ragione per cui lo ero io.
Quei concetti hanno anche altre applicazioni.
Ad esempio, abbiamo letto tutti dei tentativi, nel campo della sostenibilità, di usare zone palustri per pulire i corsi d’acqua.

Nel libro esorto all’uso di piante galleggianti oppure emerse, per combattere le alghe.
Entrambi i metodi si basano sul “vantaggio aereo”, cioè sul fatto che tutte le piante galleggianti (ed emerse) possono usare la CO2 contenuta nell’atmosfera, a cui le alghe non hanno accesso.
Inoltre, hanno una crescita straordinariamente veloce e possono smaltire velocemente i nutrienti contenuti nell’acqua.

La tua metodologia è spesso descritta come approccio Low-Tech.

Io non la vedo in termini così semplici.

Trovo stimolante la sfida di applicare princìpi scientifici, per vedere gli sforzi che giungono a buon fine.
Non vedo un approccio che evita semplicemente l’uso di equipaggiamenti High-Tech.

I tuoi estimatori sembrano avere una passione che va ben oltre il semplice risparmio.
È un’osservazione corretta?… Ritieni possa completare lo scopo del tuo lavoro?

Sì. Credo che tu abbia ragione.
Sono felice che la gente veda il mio libro come qualcosa in più di un semplice risparmio.
Gli acquari sono davvero affascinanti. Hanno così tanto da insegnarci…

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