Eccoci giunti alla quarta e ultima puntata sull’utilizzo dei prodotti agricoli in acquariofilia. Per concludere parliamo del PMDD per introdurre i microelementi.
Nei primi tre articoli della serie abbiamo parlato di magnesio, potassio, dei “terribili” prodotti della Cifo e del ferro.
Concludiamo questa serie parlando di microelementi che possono essere introdotti in acquario utilizzando diversi prodotti agricoli.
I micro-elementi
In questo articolo non ci metteremo a fare i conti come abbiamo spesso fatto negli altri: non solo avete ormai gli strumenti per farli in autonomia, ma potete sempre utilizzare per questo scopo il nostro calcolatore online.
Questo articolo serve per lo più a smentire delle dicerie su un loro “sbilanciamento” o addirittura “pericoloso uso acquariofilo”, tanto che daremo un riscontro a livello storico. Essendo l’argomento molto controverso e dibattuto, persino in botanica, ci affideremo per una volta anche a documenti scientifici.
Non sono mai molto propenso a portare articoli quando si parla di acquariofilia, anche perché, quasi sempre, non mostrano dati raccolti in un contesto hobbystico e, soprattutto, quasi mai tengono conto dei valori che si hanno in acquario.
Poi se si parla di fertilizzazione, la confusione che regna è tanta… a partire da chi ha aperto la strada alla fertilizzazione home-made o DiY che dir si voglia, due tizi conosciuti con il nome di Paul Sears e Kevin Conlin.
Questi, hanno il merito di essere gli artefici del primo protocollo chiamato PMDD (si scrive imprescindibilmente a lettere maiuscole perché è un acronimo, quindi non solo lui, ma tutti i suoi “derivati” si devono scrivere così).
Anche se secondo alcuni questo primo protocollo è l’unico funzionante, in realtà è il contrario: per ammissione dello stesso autore, il cosiddetto PMDD originale si è rivelato un flop.
Cito le testuali parole di Sears nel suo blog, oggi non più online, di cui fortunatamente DxGx è riuscito a ritrovarmi le pagine con Waybackmachine:
In retrospect, I think that publishing this recipe was a mistake. There was a tendency to add this mixture to aquaria without paying sufficient attention to what was going on
In soldoni dice espressamente che pubblicare la ricetta è stato un errore, perché la gente si preoccupava solo di quello che metteva dentro, ma non si preoccupava di quello che stava succedendo in vasca.
Errore che noi abbiamo superato alla grande; ancora oggi, dopo 11 anni dalla pubblicazione dell’articolo di Rox, non ci siamo mai sognati di dare una “ricetta fissa” soprattutto perché, come ripetiamo sempre, il PMDD di Acquariofilia Facile è nato per adattarsi a un certo tipo di gestione.
Oltre al nostro PMDD, che ormai ha diversi cloni anche su YouTube, ne esiste un altro, sicuramente degnissimo di nota, conosciuto in tutto il mondo come l’Estimative Index di Tom Barr del quale potete trovare sul nostro portale un’interessante intervista.
- KNO3 [nitrato di potassio];
- KH2PO4 [Diidrogenofosfato di potassio];
- un mix (3:1) di CaSO4 [solfato di calcio] e MgSO4 [solfato di magnesio] per innalzare il GH;
- un mix di elementi traccia (3:1:1) di CSM+B, ferro chelato con DTPA e ferro gluconato.
Al contrario di quanto si dice, Barr non usa il Seachem Flourish per integrare i microelementi: il CSM (Chelated secondary microelement) è un fertilizzante da giardinaggio, che probabilmente oggi è più famoso come fertilizzante da acquario.
Per chi si chiedesse se Barr ha solo fortuna, ci tengo a precisare che non è un semplice acquariofilo, ma ha una laurea in biologia acquatica e un dottorato di ricerca in agronomia.
Direi che sia abbastanza accreditato quando afferma di aiutarsi solo con il conduttivimetro per vedere se non stia fertilizzando troppo.
In ogni PMDD, forse il punto critico è trovare il modo adeguato per somministrare i micro: non esiste infatti un solo prodotto e spesso non é facile da trovare un rinverdente foliare che non abbia in soluzione anche una base di nutrimento N-P-K; quando si cerca un prodotto è importante che non ci siano tali elementi.
Nel PMDD del nostro forum si usa ad esempio il rinverdente della Orvital, ma ce ne sono anche altri come mostrato nella figura seguente.
Questo non ha rame, che a molti non è servito, ma nel caso si può aggiungere a parte e, come i prodotti commerciali, i suoi elementi sono chelati con EDTA.
Si potrebbe dire che è sbilanciato rispetto ad altri prodotti, e ammetto che io stesso l’ho trovato in alcuni casi “limitante“.
Prima però di affermare che è sbilanciato, bisognerebbe dimostrare che le piante hanno tutte le stesse richieste di nutrimento, cosa che non è affatto realistica, almeno stando a quello che troviamo su fonti ufficiali.
Qualcuno millanta di avere analizzato il peso a secco di una pianta, qualcuno lo ha fatto, altri chissà, ma di certo si troveranno risultati completamente differenti tra loro. Sorvoliamo sui macro, dato che parliamo di micro, ma vale per loro lo stesso discorso: mentre in un Ceratophyllum potete trovare 30 ppm di rame, ne troverete 44 ppm in un Miryophyllum ma quantità irrilevabili in una Cabomba.
Aggiungo una piccola curiosità: in molte piante, nel loro peso a secco, potete trovare una percentuale non indifferente di sodio. Ma come? Non era dannoso per le piante?
In realtà le piante si adattano a usarlo come elettrolita, come trasportatore ionico e/o come costituente di un meccanismo complesso che hanno alcune piante per ricavare CO2
È interessante vedere in questi grafici principalmente 2 cose:
- La prima è l’elevata quantità di sodio, pari a quella del calcio
- La seconda è che, a differenza dell’altra tabella postata prima, tra una pianta e un’altra, la composizione è molto simile. Il motivo è semplice: la pianta si adatta a sottrarre elementi dall’acqua in cui si trova
Come già visto nell’articolo dell’Egeria, se in acqua è presente parecchio arsenico, nel peso a secco delle piante testate, vi sarà una consistente presenza di arsenico; questo però non lo rende un microelemento ma semplicemente lo sottrae dall’acqua.
Il Cifo Mikrom
Dopo aver usato per diverso tempo dei microelementi realizzati da noi del forum, sono passato a usare l’intramontabile Cifo Mikrom, prodotto conosciuto da diverso tempo dagli acquariofili simpatizzanti del fai da te.
Ma anche questo prodotto….come si rapporterebbe rispetto a un fertilizzante commerciale?
Come possiamo vedere dalla tabella, è abbastanza in linea con un prodotto professionale del calibro del Kramerdrake, mentre è più ricco rispetto ad alcuni fertilizzanti generici.
Per inciso, nella tabella mancano elementi che alcuni hanno e altri no, come ad esempio il potassio e il magnesio che possiamo aggiungere diversamente come vogliamo. Allo stesso modo non è stato riportato il ferro che effettivamente è l’unica cosa limitante nel Cifo Mikrom.
Inoltre il kramerdrake e in parte l’Easylife hanno percentuali di elementi traccia, come Vanadio, Cobalto, Nickel etc, che non sono presenti negli altri ma che dubito siano fortemente necessari. Per questi è probabilmente più che sufficiente la quantità introdotta con il mangime.
Gli stick NPK
Chiudiamo con l’articolo parlando di un altro prodotto che forse più di tutti viene “massacrato” dai più suscettibili riguardo l’uso dei prodotti da giardinaggio in acquariofilia:
I temibili bastoncini della Compo o similari
Su un noto social, che ha finito per rovinare il pensiero umano, un utilizzatore o presunto tale li ha definiti cosi:
Sono talmente pericolosi che riducono una vasca un ambiente pericoloso,come una persona seduta su di un barile di nitroglicerina durante un terremoto del SETTIMO grado.
Infatti guardando la loro composizione c’è sicuramente da mettersi paura, dato che riportano la dicitura “azoto (N) dell’urea formaldeide“, un composto per certi versi simili alla glutaraldeide, dato che sono entrambi aldeidi ma con caratteristiche diverse.
La formaldeide, obbietterà il googlatore seriale, è un composto che si usa come collante per i mobili, in particolar modo i truciolati e va usato attenendosi a tutte le accortezze del caso, dato che è un prodotto tossico e altamente cancerogeno.
Io aggiungo che l’organizzazione mondiale della sanità riporta, come concentrazione massima ammessa in aria, 0,1 ppm per metro cubo.
Matti noi che lo mettiamo in vasca e matto chi mangia prodotti concimati con essi allora!
Iniziamo a premettere che il rapporto tra formaldeide e urea nei concimi è 1,5:1 mentre nel caso del collante per i legnami il rapporto è anche 10 volte più alto a favore della formaldeide.
Ma non siamo ancora tranquilli, vediamo a cosa serve effettivamente questo composto.
L’ureaformaldeide non è un composto singolo ma un insieme di unione di molecole poi polimerizzate. Quello che negli stick viene chiamato urea formaldeide in realtà è urea libera e metilenurea che è una miscela di vari polimeri come monomeri, dimeri, trimeri, etc.
Questo “minestrone” di polimeri, non serve ad altro che a permettere il rilascio lento (motivo per cui si usano) di azoto nel suolo, per mezzo della degradazione batterica: la parte minima di formaldeide (CH2O) diventerà invece CO2.
Possiamo quindi riassumere che l’ureaformaldeide, da un punto di vista chimico, è un insieme di molecole formata da urea libera e metilenuree, che non è sinonimo di urea e formaldeide; sono semmai figlie di una reazione simile, ma hanno proprietà chimiche diverse e la loro degradazione è effettuata in maniera innocua dai batteri.
Per quanto riguarda invece la loro stabilità in acqua (altro punto che viene spesso citato a sproposito) è effettivamente legata al pH: ma assolutamente non ai pH che abbiamo nei nostri acquari, sia esso un pH di acqua scure o un Tanganika.
Per i più ferrati in chimica, proponiamo uno schema della loro reazione fornito gentilmente da uno dei produttori, la SADEPAN che produce gli stick Compo.
Ovviamente gli abbiamo anche chiesto maggiori informazioni e questa è stata la loro risposta:
Carcinogenic formaldehyde cannot be detected in our fertilizer sticks (La formaldeide cancerogena non può essere rilevata nei nostri bastoncini fertilizzanti)
Se venisse il dubbio che lo studio dalla SADEPAN fosse di parte, cito parti di uno studio gentilmente passatemi dal nostro utente Nicolatc:
1990: Ureaform as a slow release fertilizer- a Review
Nonostante la formaldeide sia uno degli ingredienti essenziali usati nella preparazione dei prodotti di Urea-formaldeide, non viene rilasciata formaldeide durante la mineralizzazione dell’ Urea-Formaldeide.2014: An assessment of Urea-Formaldehyde Fertilizer on the diversity of bacterial communities in Onion and sugar beet
I fertilizzanti a base di Urea-Formaldeide sono principalmente degradati nel suolo dai microrganismi e decomposti in urea e formaldeide. L’Urea è utilizzata come fonte di azoto per il nutrimento delle piante attraverso la sua mineralizzazione in ammonio, mentre la formaldeide viene normalmente incorporata immediatamente nelle vie metaboliche microbiche C1 nel suolo.2000: (studio posto alla fine come riferimento del precedente) Mechanism of microbial degradation of slow release fertilizer
L’azoto viene rilasciato come ammonio ed urea, e la formaldeide rilasciata viene immediatamente ossidata a biossido di carbonio passando per il formiato…
… a pag 4
La crescita delle colture in presenza di metilenurea ha espresso elevate attività specifiche degli enzimi ureasi, formaldeide deidrogenasi e formiato deidrogenasi; queste elevate attività possono spiegare perché non viene rilevata formaldeide rilasciata, ossidata immediatamente a biossido di carbonio (CO2 NDR).
L’ultimo punto fa riferimento a una delle questioni più ostiche che, ammettiamolo, aveva lasciato qualche dubbio anche a noi, fin quando il nostro biologo Humboldt ha chiarito una volta per tutte la questione.
Eliminato il problema della formaldeide, qualcuno potrebbe obbiettare sul loro precoce scioglimento, non essendo progettati per stare in acqua.
In realtà reggono benissimo, appunto perché studiati per contrastare il dilavamento dei fertilizzanti dalle piante per cui sono usati. Uno stick NPK in acquario può durare, cosa che diciamo spesso, anche mesi, mentre nel terreno sarebbe spazzato via dal primo acquazzone.
Non ci soffermiamo su tutti gli elementi presenti ma, guardando ad esempio quelli Compo che sono i miei preferiti, hanno una composizione 13-6-10.
Come abbiamo visto parlando del nitrato di potassio, le concentrazioni degli elementi P e K sono espresse come ossido.
Il loro rapporto reale tra nitrati e fosfati è poco distante da un utopistico 10:1, è infatti un 7:1:1 (tralasciamo il potassio che è irrilevante e che comunque sarebbe 1).
Se uno stick venisse immediatamente sciolto in 100 litri d’acqua, cosa da non fare in acquari poco maturi, apporterebbe solo:
- 5,2 mg/l di nitrati
- 0.7 mg/l di fosfati
- 0,7 mg/l di potassio
Più, ovviamente per gli stick che ne contengono, i vari ferro (Fe), magnesio (Mg), zinco (Zn) e boro (Bo) ma sempre in quantità non pericolose e, probabilmente da sole, insufficienti per un acquario con netta prevalenza di piante.
La favoletta terroristica del barile di nitroglicerina non regge più.
Conclusioni
Con questo ulteriore articolo, speriamo di aver chiarito una volta per tutte i dubbi che spesso si leggono in rete relativi all’utilizzo dei prodotti agricoli in acquario.
Ringrazio immensamente nicolatc per la revisione di tutti questi articoli, per avermi passato studi che non conoscevo, e per avermi trovato le schede di sicurezza dei prodotti Cifo
Grazie anche a Roby70 per aver contattato la Sadepan e per avermi formattato le varie tabelle in giro per gli articoli
Se avete ulteriori dubbi o domande vi aspettiamo sul nostro forum Acquariofilia Facile, l’iscrizione è semplice e gratuita per tutti.