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Mikrogeophagus ramirezi

Valori dell’acqua

Il ramirezi non può essere definito “amazzonico”, come spesso accade, perché l’Orinoco è del tutto indipendente dal Rio delle Amazzoni.
I loro bacini idrici hanno un solo punto di collegamento: un canale naturale chiamato Casiquiare, che non ha alcuna rilevanza nella portata d’acqua dei due fiumi.

C’è comunque un fondo di verità, nel definirlo “amazzonico”, in acquariofilia.
Con quel termine, infatti, nel nostro hobby non ci si riferisce alla Geografia.
Si indica una certa tipologia di acquario, arredato prevalentemente con legni e radici, la cui acqua è piuttosto acida, spesso ambrata e con durezze molto basse.
Queste condizioni… generalmente definite “amazzoniche”, sono ideali anche per i ramirezi.

Temperatura

Riguardiamo la palude dell’immagine precedente:

Lagune Orinoco

Stiamo parlando di un metro d’acqua, forse meno, con un’enorme superficie esposta: praticamente, le proporzioni di una pozzanghera!
Voglio ricordare che parliamo della Colombia, non di Milano… Immaginate come picchia il Sole, a quelle latitudini.

A questo dobbiamo aggiungere che non ci sono colline o montagne; l’irradiazione va dall’alba al tramonto, senza interruzione.
Nel 1982, un’equipe di ricercatori olandesi misurò 28 °C, nell’acqua, alle 9 di mattina.

Può capitare, talvolta, di leggere schede con limiti ben più bassi, che arrivano fino a 22-24 °C, ma quei valori non sono adatti per l’acquario.

Sono temperature che fanno riferimento all’habitat naturale, dove ogni esondazione porta nello stagno una gran massa di acqua fresca.
È lì che si scende di parecchi gradi, per diverse ore; poi, il Sole riprende a martellare, riportando tutto alla temperatura precedente.

Nei nostri allestimenti, un riscaldatore con termostato rende tutto costante e controllato; noi non siamo soggetti all’occasionale straripamento di un fiume.
Bisogna pertanto tenersi su un minimo di 27-28 °C, senza preoccuparsi dei 32-33 che si raggiungono in piena Estate.
Può essere un problema per altre specie, ma non per i ramirezi.

Acidità (pH)

Abbiamo già visto, nell’introduzione, che questi pesci sono stati trovati a pH 5; ma si parlava della prima volta, nel 1948.
In seguito, sarebbero stati individuati in zone ben più acide.
Per adesso, il caso più estremo risale al 2003, quando li trovarono a pH 3.65, sempre nel territorio del Rio Meta.

Per loro, l’acidità non è un problema. Al contrario, è necessaria alla loro sopravvivenza.
Vivendo da sempre in quegli ambienti “sterilizzati”, non hanno mai sviluppato forti difese immunitarie, contro certi parassiti e malattie… semplicemente perché non esistono, in quelle condizioni.

Pertanto, come i discus, i Cardinali, e molte altre specie di acque acide, si sono fatti la fama di “pesci delicati”, particolarmente soggetti ad agenti patogeni.
Per il ramirezi, il problema più comune è l’Hexamita (malattia “del buco in testa”), oltre alla solita Ictioftiriasi.

La prima cosa da fare, quando un ramirezi si ammala, è proprio l’abbassamento del pH.
È più importante di qualsiasi farmaco e di qualsiasi cambio d’acqua.

Gli esemplari di cattura dovrebbero stare in vasche a gestione OTRAC (appannaggio di una piccola elìte di acquariofili), mentre quelli di allevamento sembrano adattarsi bene anche a valori più alti, fino a pH 6.5.
Questo ci consente di tenerli in un acquario tradizionale… tranne al momento di curarli.
Per portare l’acqua a pH 5, in caso di necessità, è necessario trasferire il pesce in una vaschetta a parte; altrimenti diremo addio alla flora batterica del filtro.
Del resto, è una pratica comune anche con i farmaci.

Durezze (GH e KH)

L’acidità estrema, di cui abbiamo parlato, non è dovuta soltanto alla presenza di torba, tannini, o altri acidificanti naturali.
Negli habitat del ramirezi, i valori di durezza sono vicini a zero, quasi sempre “non misurabili”.

Quelle acque sono quindi prive di “effetto-tampone; qualsiasi acidificante si fa sentire senza freni.
…E di acidificanti ce ne sono… eccome, se ce ne sono!
Basta guardare il colore, per capirlo:

Per noi non è un grosso problema. Per fortuna, non siamo costretti a copiare la Natura anche in questo.
Il ramirezi vive benissimo fino a GH 7-8; qualcuno ha ottenuto riproduzioni addirittura a GH 12 (lo riporto per informazione, ma non mi sento di consigliarlo).

Anche per questo c’e un po’ di confusione, leggendo in giro, sul valore ottimale da consigliare per l’acquario.
Diciamo che la “finestra” del GH è piuttosto ampia, parlando di esemplari di allevamento.

Il KH, invece, è decisamente più importante.
E’ da lui, come sappiamo, che dipende l’effetto-tampone sul pH; questo vale per qualunque acidificante presente in acquario.

Usando solo l’erogazione di CO2, ad esempio, per scendere sotto pH 6.5 avremo bisogno di un KH non superiore a 3.
Se aggiungessimo gli effetti di altri prodotti, come torba o estratto di quercia, potremmo probabilmente arrivare fino a KH 6-7, forse anche 8…
…Ma di certo non potremo ricorrere alle comuni acque di rubinetto, che in Italia scendono raramente sotto KH 10-12.
Se invece vivete sulle Alpi, con valori già bassissimi… Avete tutta la mia invidia!

In altre parole, il KH non è importante di per sè, ma soprattutto per i suoi effetti sull’acidità, che resta sempre la principale esigenza del ramirezi.

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