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Fertilizzazione in acquario e protocollo PMDD

Concetti generali

“…Ma è buono, questo fertilizzante?”

Prima di tutto, sfatiamo una leggenda metropolitana: non esistono fertilizzanti “buoni” e “cattivi”.
Tra i prodotti “Tutto in uno”, venduti in un unico flacone, ci sarà senz’altro quello che si adatta meglio al vostro acquario, in relazione alle specie che ci sono, ai valori dell’acqua, alla luce, ecc.

Per pura coincidenza, è possibile che le caratteristiche di quel prodotto siano perfette per il nostro allestimento.
Tuttavia, i risultati eccellenti ottenuti in quell’acquario, in quelle circostanze e con quelle piante, non ci autorizzano a consigliare lo stesso prodotto ad amici e conoscenti.
In condizioni differenti, è probabile che quel fertilizzante si riveli inadeguato.

Inoltre, l’acquario è un ecosistema vivente, in continua evoluzione.
L’attuale richiesta di un certo nutriente… ad esempio il ferro, potrebbe essere diversa da quella che avevo un anno fa.

Risulta pertanto evidente che il flacone unico non potrà mai funzionare in tutti gli acquari, a meno di non andare avanti a cambi d’acqua frequenti e cospicui.
Il problema si risolve solo con un protocollo a componenti separati, che renda possibile la somministrazione indipendente di ciascuno dei principali nutrienti.

Tali prodotti esistono da sempre, ma rientrano in un mercato specialistico dove i prezzi sono generalmente molto alti.
Da qui, l’esigenza di creare una linea di fertilizzanti PMDD, di cui parleremo nel secondo capitolo.

Le esigenze delle piante

Per prima cosa, cerchiamo di capire di cosa sono fatte le piante.

Supponiamo di essere in Amazzonia, circondati da una miriade di specie acquatiche differenti.
Prendiamone un centinaio e lasciamole seccare completamente; ora che il contenuto d’acqua è stato eliminato, sbricioliamole e facciamo analizzare la polvere ottenuta.

Il 96-97% è formato da tre soli elementi:

  • Ossigeno: 44 – 47%
  • Carbonio: 43 – 45%
  • Idrogeno: 6 – 7%

Idrogeno e Ossigeno sono i costituenti dell’acqua.
Il carbonio viene assorbito dall’Anidride Carbonica (CO2), e non può essere fornito in forme diverse.
Alcune specie sommerse riescono a scinderlo dai carbonati (decalcificazione biogena), ma se hanno la CO2 preferiscono prenderlo da lì.

In altre parole, tutti i fertilizzanti che mettiamo in acquario fanno solo il 3 – 4% del peso secco delle nostre piante.
Mettendoli tutti insieme!
Tuttavia, ognuno di essi svolge una funzione essenziale; è sufficiente che ne manchi uno, e la pianta si blocca o deperisce.

Vediamo ora questi nutrienti, dividendoli in tre categorie in ordine decrescente.
I valori esatti variano da specie a specie, ora c’interessa soltanto l’ordine di grandezza.

1) Macronutrienti:

    • Azoto:…………… 1.4 – 1.7%
    • Potassio:………… 1.0 – 1.5%
    • Calcio:……………. 0.4 – 0.7%
    • Magnesio:……….. 0.2 – 0.4%
    • Fosforo:………….. 0.2 – 0.3%
    • Zolfo:…………….. 0.1 – 0.2%

2) Microelementi:

    • Ferro:…………….. 0.01 – 0.03%
    • Cloro:…………….. 0.01 – 0.02%
    • Manganese:…….. 0.005 – 0.01%
    • Boro:…………….. 0.002 – 0.008%
    • Zinco:……………. 0.002 – 0.005%
    • Molibdeno…….. 0.001 – 0.003%

3) Elementi traccia (rilevabili in quantità insignificanti, e non in tutte le specie)

    • Rame (per diverse specie è un oligoelemento)
    • Silicio
    • Cobalto
    • Selenio
    • Iodio
    • Vanadio
    • (Altri, ancora più rari)

Le carenze

Quali dei nutrienti elencati vanno reintegrati in acquario?
Gli elementi su cui dobbiamo concentrarci maggiormente sono tre: potassio, magnesio e ferro.
Vediamo di capire il perché…

  • Azoto e fosforo sono sempre presenti in acquario, sotto forma di nitrati e fosfati.
    Spesso è necessario ridurli ricorrendo ai cambi d’acqua, ma questo significa che il sistema non è in equilibrio.
    Derivano dalla decomposizione di escrementi, foglie morte, cibo non consumato, ecc., e spesso si formano in quantità maggiore di quanto le piante riescano ad assorbirne.

ATTENZIONE: Il metodo di fertilizzazione che vedremo più avanti NON E’ ADATTO per acquari olandesi, per caridinai, o per tutte quelle vasche allestite con molte piante rapide rispetto al bassissimo carico organico. In quei casi, nitrati e fosfati vanno addirittura aggiunti artificialmente.


Aggiornamento del 16 febbraio 2015

Per chi si trovasse in difficoltà, proprio per carenze di azoto e fosforo, è stato pubblicato un nuovo articolo che spiega come risolvere il problema.
Lo abbiamo intitolato “PMDD – Protocollo avanzato”, ma è integrativo, non sostitutivo del metodo proposto qui, che rimane alla base di tutto.


  • Il calcio è il metallo più presente nell’acqua di rubinetto. Salvo casi eccezionali, è sempre in eccesso.
    Il taglio con acqua demineralizzata non lo rende carente; anche dimezzandone la concentrazione siamo sempre su livelli molto superiori al fabbisogno delle piante.
  • Lo zolfo si trova in molti dei sali contenuti nei comuni fertilizzanti: solfato di magnesio, di potassio, di ferro, di zinco, di manganese…
    Generalmente è in eccesso anche lui. Nella nostra ricetta cercheremo di ridurlo al minimo.
  • Il cloro, come il calcio, si trova nell’acqua del rubinetto anche dopo la decantazione, sottoforma di cloruri.
  • I microelementi, tranne il ferro, sono richiesti in piccole quantità; è facile risolvere una loro carenza.
    Esistono prodotti da giardinaggio, molto economici, che li contengono tutti insieme.
  • Gli elementi traccia stanno a sufficienza nel cibo che diamo ai pesci.

I nostri problemi, pertanto, tendono ad essere sempre legati a potassio, magnesio e ferro.

  • Il potassio manca quasi sempre, negli acquari.
    I fertilizzanti generici, infatti, si basano sulla richiesta media delle varie specie, ma questo è normalmente insufficiente.
    Ci sono piante comunissime che ne richiedono quantità molto alte, e sono quasi tutte a crescita rapida. Per fare qualche esempio, le Bacopa, le Hydrocotyle, le Higrophyla, e soprattutto le Cabomba, porterebbero in carenza di potassio qualsiasi acquario, se fertilizzato in modo tradizionale, come da “libretto di istruzioni”.
    Il problema si aggrava se una di tali specie viene scelta come dominante, ad esempio per lo sfondo, oppure se ce ne sono due o tre insieme, nella stessa vasca. Solo con un protocollo a componenti separati si riesce a risolvere, somministrando il singolo componente in quantità eccezionali, che sembrerebbero esagerate in acquari senza quelle specie.
  • Il magnesio è solitamente presente nell’acqua di rete, ma il rapporto con il calcio non è 1:2 o 1:3, come richiesto dalle piante.
    Purtroppo, arriva spesso fino a 1:8 o 1:10.
    Tentando di abbassare le durezze, con acqua di osmosi inversa, riduciamo i sali di calcio, ma rendiamo carente il magnesio.
    Questo ci costringe quasi sempre ad introdurlo artificialmente.
  • Il ferro è richiesto in alte quantità se si coltivano piante piuttosto esigenti, sotto luce molto intensa.
    Tradizionalmente, è infatti associato alle piante rosse e a quelle da prato, che notoriamente chiedono una forte illuminazione. Nell’acqua di rubinetto, o nei mangimi, non ce n’è quasi mai a sufficienza, quindi va comunque aggiunto.
    Il problema è che la somministrazione, nella frequenza e nel dosaggio, può essere molto diversa da un acquario all’altro.
    Ecco un altro caso che può essere affrontato solo con elementi separati.
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