Home Discus, P. Scalare e Ciclidi Americani Pterophyllum scalare: ragioni di un grande successo

Pterophyllum scalare: ragioni di un grande successo

Lo Pterophyllum scalare (Angelfish, come lo chiamano gli anglosassoni) è sicuramente il pesce d’acquario più famoso del Mondo. Ma quali sono i motivi?


Non c’è acquariofilo che non lo conosca, non c’è negoziante che non lo tratti, non c’è sito o forum di settore in cui non se ne parli assiduamente.

Pterophyllum scalare Joachim Mller
Lic. Creative Commons – Joachim Muller

Molti si crucciano di non poterli tenere, per l’acquario troppo piccolo.
Altri si sforzano di arrivare a 140-150 litri, per tenerne almeno una coppia.
Qualcuno li tiene lo stesso, in quello che ha (li ho visti adulti in vasche da 30 litri!!!).
C’è chi dice di non volerli più, perché li alleva da 10 anni… poi ci ricasca!

Qual è il motivo di tale successo?…
Vediamo se si riesce a capirlo.

Pterophyllum in Natura

Cominciamo osservando la mappa qui sotto, e la relativa legenda…

Abbiamo distinto tre specie: Pterophyllum scalare, Pterophyllum altum e Pterophyllum leopoldi, mostrando la loro diffusione nel bacino del Rio delle Amazzoni, limitatamente ai ritrovamenti più significativi.

Salta subito all’occhio un fatto evidente: lo scalare è praticamente dappertutto.
Dove stanno i leopoldi, loro ci sono sempre, ma dove sono gli scalare non è affattto detto che ci siano anche i leopoldi.

Pterophyllum leopoldi (Lic. CreativeCommons – Hodowlaniec)

Questo la dice lunga, sulla diversa adattabilità delle due specie.

Con gli altum, la cosa si fa più complicata.

Pterophyllum altum (Lic. Creative Commons – Jeff Kubina)

Presso São Gabriel da Cachoeira, sul Rio Negro, ci sono delle rapide; un ostacolo insormontabile per qualsiasi Pterophyllum, se affrontato in salita…

…Tuttavia, in discesa non lo è affatto.

È anzi del tutto normale che alcuni esemplari, dal tratto più alto, vengano ogni tanto trasportati a valle dalla corrente.
È così che gli altum, originari dell’alto Orinoco, sono arrivati fin quasi a Manaus.
Sono piuttosto diffusi nel canale naturale chiamato Casiquiare, che collega Orinoco e Rio Negro.

Arrivati nell’alto corso del Rio Negro, alcuni esemplari di altum trovano le rapide in discesa, finendo insieme ai loro “cugini”.
Nel basso corso del fiume, la loro presenza è decisamente inferiore, come se avessero difficoltà a sopravvivere e riprodursi; lo scalare, invece, si sente a casa sua.

Negli ultimi 20 anni, anche l’Orinoco si è riempito di scalare, ma non è accaduto per cause naturali.
Si raccontano diverse storie, e in tutte c’è di mezzo l’intervento umano; la più credibile sembra essere legata ad un incidente del 1986, in Venezuela, in un allevamento di scalare.
Una violenta inondazione, un po’ più forte del solito, avrebbe liberato i pesci nelle acque del fiume.
Ma comunque ci siano arrivati, non hanno avuto alcuna difficoltà a colonizzare quel nuovo territorio, regno esclusivo degli altum fino ad allora.

Tutto questo dimostra che le condizioni adatte agli altum vanno bene anche agli scalare, ma non il contrario; proprio come per i leopoldi.

Il segreto di un successo

Cosa c’entrerebbe tutto questo, con il successo di questa specie in acquariofilia?
La risposta è piuttosto semplice…

L’altum e il leopoldi, come la maggior parte delle altre specie amazzoniche di qualsiasi genere, vivono solo in alcuni territori ben precisi, dove trovano condizioni ottimali.

È lo scalare a costituire un eccezione, un caso particolare.
Un noto sito italiano di acquariofilia (!!!) lo ha scelto addirittura per il proprio logo…

…insieme a un’Alternanthera: praticamente… il Re e la Regina!
Scherzi a parte, diamo qualche esempio di cosa lo distingue.

  • Lo troviamo in Perù, nei fiumi andini a 20-21 °C, per poi rivederlo a 30 nelle paludi formate dal Madeira.
  • Lo troviamo a durezze non misurabili nel Manacapuru, poi a GH 15 vicino alla costa.
  • Tollera escursioni di acidità che vanno dal pH 7.5, in zona addirittura alcalina, fino ai livelli della Coca-Cola (anche a pH 4, per brevi periodi).

L’immenso bacino amazzonico, grande come l’intera Europa, non ha confini per lui.
Sta in acque bianche, chiare e nere; stagnanti o correnti; con sabbia, ghiaia o argilla; con qualsiasi vegetazione.
Inoltre mangia di tutto: piccoli pesci, avannotti, vermi, uova, larve d’insetti, alghe, foglie di diverse piante…

A questo dobbiamo aggiungere che tollera i nitrati quasi come i Carassi; dovesse capitare un qualsiasi problema in acquario (un pesce morto, un blocco delle piante, un bambino pestifero…) può resistere anche a 200-250 mg/litro, prima di un nostro intervento quando ce ne accorgiamo.
(ATTENZIONE: Il fatto che un pesce RESISTA a 200 mg di nitrati, per un breve periodo, non significa che dobbiamo lasciarcelo!)

Comincia ad essere più chiaro, adesso?
Anche lui ha le sue condizioni preferite, ovviamente: dovrebbe stare in acque acide, intorno a pH 6, e la temperatura ottimale sarebbe sui 25-26°.
Tuttavia, quanto detto in precedenza spiega la gran confusione di valori consigliati che si leggono in giro, e soprattutto fa capire perché sia così facile da tenere in acquario, con aspettativa di vita molto lunga e senza grossi problemi con malattie e parassiti.

Pterophyllum scalare in acquario

Quanto deve essere grande, l’acquario per lo scalare?

Su questo punto ci sono parecchie controversie.
Sono decenni che si litiga, in tutte le community, sulla capienza minima che dovrebbe avere la loro vasca.
Leggendo in giro, si trovano informazioni decisamente contrastanti.
Dopo esserci soffermati qualche istante, su questo superbo esemplare dell’amico Emix…

Magnifico esemplare di Pterophyllum scalare

…provo ad elencarne qualcuna, che ho avuto modo di sentire personalmente:

– I negozianti, anni fa, consigliavano una regola ormai in disuso, che diceva:
“50 litri per il primo, 25 per quelli successivi”.
Questa formula ci porterebbe a metterne una coppia in appena 75 litri, mentre in 180 ce ne starebbero 6…!

– In altri casi si va all’eccesso opposto: capita di leggere che per una coppia non si dovrebbe scendere sotto i 200-250 litri, pena litigi continui e frequenti “musate” contro il vetro.

– Il consiglio più comune è quello di stare su un minimo di 120 litri.
Tale indicazione prevede quasi sempre l’assenza di altri pesci.

– Un rispettato sito inglese, considerato molto attendibile, ne proponeva 100.
Recentemente ha raddoppiato tale valore, ma sostiene anche che è “adatto all’acquario di comunità”, quindi presumiamo che quella capienza si riferisca alla compresenza di altre specie.

Chi ha ragione?… Cerchiamo di capirlo…

Per qualsiasi specie, ci sono fondamentalmente quattro aspetti che determinano lo spazio necessario:

  1. Carico organico (del singolo esemplare)
  2. Necessità di conspecifici (pesci di banco)
  3. Velocità di spostamento (esigenza di nuoto)
  4. Aggressività, sia verso i propri simili che con gli altri ospiti.

Vediamoli uno per uno.

• Per chi alleva gli scalare, il carico organico non è affatto preoccupante.
È un pesce relativamente piccolo, che appare come un gigante per via dell’imponente pinnaggio.
Se pesiamo un discus e uno scalare, entrambi da 20 cm di altezza, ci accorgiamo che il discus pesa 4-5 volte di più.

In altre parole, l’inquinamento prodotto da uno scalare è simile a quello di un Ancistrus, che può essere tenuto a coppie in vasche da 50 litri.
Direi che non è questo il problema.

• La necessità di conspecifici non c’è. Non si tratta di un pesce di banco.
Negli habitat naturali sono stati trovati anche isolati.
In quei luoghi può capitare di trovarli raggruppati, in 10-20 o anche di più, ma solo per opportunismo (ricerca di cibo, situazioni di pericolo, formazione di coppie…).
Appena cessa il motivo che li ha spinti a riunirsi, ognuno va dove gli pare.

• Parlare di velocità, riferendosi ad uno scalare, può sembrare una barzelletta.
Dopo il discus, è probabilmente il più statico dei pesci d’acquario.
Può rimanere immobile per parecchi minuti, ad osservare una pianta, una lumaca, una foglia che galleggia… e anche quando si muove, lo fa come un Re in mezzo ai suoi sudditi: lentamente, con estrema eleganza, controllando con attenzione tutto ciò che ha intorno, mentre gli altri pesci si aprono al suo passaggio come il mare davanti a Mosè.

Scalare con Cardinali – Foto di Emix

In realtà, se volesse, potrebbe essere velocissimo, perlomeno sulle brevi distanze.
Chiudendo all’indietro tutte le pinne, è capace di raggiungere la preda con uno scatto da Cobra… ma in acquario non ne ha bisogno.
Il cibo è abbondante ed arriva tutti i giorni. Perché darsi da fare?

Nel settembre 2010 avevo tre scalare adulti, in vasca, abbinati ad un gruppo di Neon.
Incaricai una vicina di alimentare i miei pesci, poi mi assentai per una settimana.
Lei dimenticò di farlo, e al mio ritorno i Neon erano passati da 14 a 9.
Questo dimostra che non perde mai l’istinto da predatore. Semplicemente, lo usa se gli serve… e di solito in acquario non serve.

Quindi, se lo vediamo scattare bruscamente, è proprio il momento di preoccuparsi.

• Siamo arrivati all’ultimo punto: l’aggressività.
Uno scatto violento, da parte di uno scalare, significa che si sta lanciando contro qualcuno, che per qualche motivo lo ha infastidito.
In fase di riproduzione è normale. Quando difende le uova, attacca tutto quello che si muove, compresa la spazzola magnetica.
Ma in quel caso avrebbe un motivo più che logico…

In condizioni normali, è raro che se la prenda con i piccoli Caracidi, che solitamente si aggiungono nella sua vasca. È anche più difficile che si arrabbi con i pesci da fondo. Solitamente litiga con un altro scalare, oppure con altri Ciclidi che l’acquariofilo inesperto gli mette in abbinamento (questo è quasi sempre un errore).

Disgraziatamente, questo ultimo problema non può essere previsto: questione di fortuna.
I Ciclidi sono come noi, ognuno con il suo carattere, talvolta mutevole con l’età o con le condizioni chimico-fisiche.
Al momento dell’acquisto, non possiamo sapere se ci stiamo portando a casa due crocerossine o due teppisti, anche perché è sempre preferibile comprarli piccoli e farli crescere nel proprio acquario.

Ma anche in questo caso, non è una questione di spazio, casomai di nascondigli.
Due crocerossine andrebbero d’accordo anche in una stanzetta, mentre due teppisti troverebbero da fare a pugni anche in un capannone industriale.
Ecco da cosa nascono, le innumerevoli esperienze contrastanti.

Proprio quelle esperienze c’insegnano che non ci sono regole geometriche, con questi Ciclidi.
Ogni esemplare è un caso a sé, e tutto ciò che possiamo fare è limitare il rischio con qualche trucco.

Consigli conclusivi

  • Introdurre gli Angeli quando sono piccoli, e farli crescere insieme nello stesso acquario.
    Non è una garanzia, ma le probabilità di lotte fratricide si abbassano sicuramente.
  • A parità di capienza, scegliere vasche con uno sviluppo molto allungato, penalizzando la misura del lato corto.
    Questo aumenta la probabilità di fuga di un piccolo pesce, nel caso in cui venga predato.
  • Introdurre legni e piante in modo da creare anfratti e nascondigli, preferendo le piante a stelo.
    Lo scalare ha una forma appiattita, che gli consente di muoversi facilmente attraverso un gruppo di Bacopa o di Cabomba, mentre lo sviluppo in orizzontale di un Echinodorus bleheri sarebbe un grosso ostacolo.
  • Aggiungere gli Angeli quando il banco di Caracidi è già lì.
    Verranno visti come “sudditi”, dai loro “sovrani”, ed è più difficile che vengano predati.
    I miei Neon c’insegnano che anche questa non è una certezza.
  • Evitare la convivenza con i Ciclidi nani.
    Può capitare di leggere in giro che vasche oltre i 200 litri hanno consentito tale abbinamento, ma ci sono esperienze opposte in acquari anche molto più grandi.
  • Preferite la varietà “Silver”, quella naturale con le caratteristiche strisce nere verticali.
    Pterophyllum scalare “Silver”

    Le altre sono state create in allevamento, per diversificare la livrea a fini commerciali.
    Alcuni di questi ibridi sono più sensibili ai valori chimici, alla temperatura e agli inquinanti, quindi si perde quell’importante capacità di adattamento che abbiamo visto nella prima parte

Concludo ringraziando Emix per le sue foto, oltre gli autori che le hanno rilasciate sotto licenza Creative Commons.

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