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CO2 da lieviti – Teoria e Soluzioni

Fattori ambientali

Vediamo ora i fattori che incidono sulla fermentazione, quindi sulla produzione di CO2.
Da questi dipende la frequenza con la quale dobbiamo ricaricare il nostro impianto.

  • alcol
  • pH
  • temperatura
  • pressione
  • tipologia del substrato e quantità
  • oligoelementi
  • riduzione del numero di cellule

Passiamoli rapidamente in rassegna.

Alcol (etanolo)

Durante la fermentazione il contenuto di alcol aumenta, a mano a mano che i lieviti consumano lo zucchero.
Quando il contenuto di etanolo supera il 16%, le cellule sono da considerarsi morte e non esercitano più la loro attività.

Su questo fattore non possiamo agire, perché il processo fermentativo implica necessariamente una produzione di alcol.
L’unica cosa che possiamo fare, per aumentare la durata del nostro preparato, è quella di utilizzare lieviti più resistenti all’etanolo (come da capitolo precedente).
Ritengo tuttavia che il gioco non valga la candela.

Sensibilità al pH

Innanzitutto, per informazioni sul pH dell’acqua, segnalo il nostro articolo sui termini scientifici, in cui il primo capitolo è dedicato all’acidità.

Il lievito mostra una buona resistenza alle variazioni del pH, riuscendo a mantenere la attività fermentativa nel range tra 2.4 e 7.4 ma cessa la sua attività a pH 2.0 o pH=8.0
Sotto pH=3.5 si è osservata una diminuzione di oltre il 50% della produzione di CO2.
Solitamente, il range ottimale di pH per la fermentazione varia da 4 a 6.

Questa capacità di mantenere una attività relativamente costante, a fronte di una variazione di acidità, è dovuta al fatto che l’interno delle cellule rimane costantemente su pH 5.8.
Per evitare che il pH scenda eccessivamente, si usa aggiungere del bicarbonato di sodio, in ragione di una punta di un cucchiaino ogni liltro di preparato.
Questo trucco ha scarsa utilità, se l’acqua che impieghiamo ha già un’alta durezza carbonatica.

Temperatura

La temperatura influenza poco il processo di fermentazione, quantomento per il nostro scopo, cioè la produzione di CO2.
Alcuni ricercatori hanno studiato l’effetto della temperatura sulla attività fermentativa del lievito (Saccharomyces cerevisiae, ceppo BY4742), al fine di verificare la velocità di produzione dell’etanolo, da sfruttare come biocombustibile.
Secondo prove di laboratorio, i lieviti sono attivi fino alla temperatura di 45-50 °C.
A 50 °C la loro attività è inibita.

Su valori piuttosto freddi (dell’ordine dei 10 °C) le cellule mostrano una velocità di crescita ridotta, che può essere imputata alla bassa tolleranza all’etanolo a quelle temperature.
È stato dimostrato che le cellule hanno raggiunto la massima velocità di crescita tra i 30 e 40 °C.

Per la nostra applicazione, la temperatura non è un elemento che desta preoccupazione.
Tutt’al più, in Estate si può assistere ad una più elevata produzione di CO2, quindi ad una minor durata del preparato.

Pressione

Alcuni studiosi italiani hanno condotto una ricerca sulla variazione dell’attività fermentativa, utilizzando un ceppo industriale di Saccharomyces cerevisiae, a differenti pressioni della CO2.
Lo scopo era quello di capire se fosse possibile trovare un metodo, per ridurre il costo di distillazione dell’etanolo.

Le prove sono state condotte variando la pressione della CO2 tra 1, 10 e 18 bar;. Hanno mostrato che la produzione di etanolo (e quindi la fermentazione) dipende sensibilmente dalla pressione.

A pressione quasi atmosferica la fermentazione si completava in 62 ore, con un contenuto di etanolo pari al 10% in volume; nelle stesse condizioni, ma con pressione di 10 bar, la produzione di etanolo era dell’8% in volume.
Ad una pressione di 18 bar non si è verificata alcuna produzione di etanolo, per la cessazione dell’attività enzimatica.

Effetto pressione glucosio

Il grafico mostra chiaramente che se la pressione viene incrementata, da 1 a 10 bar, la concentrazione di etanolo a fine reazione è ridotta (e quindi l’attività dei lieviti); inoltre mostra che alte concentrazioni di glucosio (300 g/l) rallentano il tasso di fermentazione.

Preciso che questi risultati si riferiscono ad un ceppo selezionato di Saccharoyces cerevisiae, per uso industriale, particolarmente adatto alla produzione di etanolo; è sicuramente diverso da quello che troviamo nei supermercati, per il pane, per la pizza… o per la produzione di CO2.
I lieviti comuni sono meno resistenti alla pressione;  già a 7-8 bar si assiste alla morte delle cellule del lievito.

Il substrato (zucchero)

Per la propria sussistenza, il lievito può utilizzare differenti fonti di carbonio, principalmente zuccheri.
Possiamo distinguerli in tre gruppi

  • Monosaccaridi (o zuccheri semplici), come il glucosio, fruttosio ed il galattosio.
  • Disaccaridi, composti da due monosaccaridi; appartengono a questa categoria il maltosio, il lattosio ed il saccarosio (il normale zucchero del supermercato).
    Il saccarosio viene rapidamente scisso in glucosio e fruttosio, dagli enzimi rilasciati dai lieviti, quindi assimilato in breve tempo.
  • Trisaccaridi, zuccheri composti da 3 molecole di monosaccaridi, come il maltotriosio.

I lieviti sono pigri; preferiscono utilizzare dapprima gli zuccheri semplici, poi passare a quelli più complessi.
Il saccarosio costituisce un’eccezione; come già detto, viene immediatamente scisso da un enzima (invertasi) in glucosio e fruttosio.
La sua velocità di assimilazione è persino superiore a quella degli zuccheri semplici.

A questo punto, qualcuno potrebbe pensare di mettere zucchero a palate, in modo da avere una produzione di CO2 più costante o più efficace.
Purtroppo le cose non stanno così. Non dobbiamo esagerare con la quantità di zucchero che utilizziamo nel nostro preparato.
Il quantitativo massimo ammonta a 200 grammi per litro di acqua.

Nutrienti e oligoelementi

Nelle applicazioni industriali, nonché nel settore della vinificazione, solitamente vengono aggiunti macronutrienti: composti dell’azoto, fosfati, ecc…
Alcuni acquariofili tedeschi aggiungono al loro preparato un po’ di concime per orchidee.

Inoltre, anche gli oligoelementi costituiscono un fattore limitante della fermentazione.
Inizialmente sono prensenti nel preparato, poi vengono consumati. Il problema viene superato dosandoli artificialmente.

Ho letto dei topic su alcuni forum tedeschi, in cui veniva proposta l’aggiunta di concime NPK o nutrienti per lieviti, ma non ho trovato riscontro sulla durata o sulla costanza della produzione di CO2.

Riduzione delle cellule

Sostanzialmente, si verifica una riduzione del numero di cellule, per via di un invecchiamento del preparato.
Poiché ogni cellula ha un numero limitato di processi di gemmazione, il numero di cellule diminuisce.
Questo sembra apparentemente illogico, in quanto le giovani cellule possono nuovamente moltiplicarsi.
In ambiente anaerobico si moltiplicano 1 volta ogni 10-30 secondi.

Come possiamo incrementare la durata del nostro preparato?
Se mettiamo poco lievito la durata del nostro preparato aumenta, la produzione di CO2 non è elevata ma è più costante nel tempo.
Viceversa, elevate quantità di lievito provocano una brusca produzione iniziale di CO2, che tende gradualmente a calare.

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